IRENE GRENCI, MIA ZIA MAESTRA DI VITA di Irene Grenci*

Testo del 20/06/2015*

“Devo sbrigarmi, faccio prima gli scritti e al rientro mi dedicherò alle materie orali; caspita! sono già le 15 e tra mezz’ora iniziano gli allenamenti.”

Già, succedeva così, tre volte alla settimana, quando cercavo di organizzarmi lo studio perché alle 15.30 iniziavano gli allenamenti di atletica leggera nella palestra del liceo classico di Agrigento o allo stadio di Villaseta.

Bei tempi! Si arrivava già trafelati, ma una volta lì, ogni preoccupazione per un’interrogazione andata male o per il compito dell’indomani, svaniva come per incanto. Non avevo forse neanche 10 anni, quando ho cominciato ad allenarmi con le atlete di zia Irene. Zia Irene?

Irene Grenci, classe 1929, ha cominciato a insegnare educazione fisica giovanissima nelle più remote scuole medie della provincia agrigentina, percorrendo anche a piedi diversi chilometri per giungere alla stazione ferroviaria che l’avrebbe portata a destinazione. Ma quelli erano altri tempi! Spesso ho sentito i racconti avvincenti dei suoi esordi senza stancarmi, come rapita dalle sue parole che m’inondavano e mi portavano indietro nel tempo con lei.

“Scuole fatiscenti, aule piccole, niente palestra. Si partiva da quello che c’era, non da quello che mancava; e così, spostati i banchi, e creato un po’ di spazio in aula, cominciavo la mia lezione di ginnastica”- E il riscaldamento, zia? Dove lo facevate? –“Per le scale e i corridoi -rispondeva lei candidamente - correndo su e giù, la mancanza di una palestra non era un ostacolo …”

La guardavo a bocca aperta.

Non sto qui a dilungarmi. Passano gli anni e la zia arriva al Liceo Classico “Empedocle” di Agrigento. Nel giro di pochi anni diventa un’istituzione. Il Liceo incamera trionfi su trionfi: i medaglieri sono stracolmi!

Poi, a metà degli anni ‘80, arrivo anch’io, finalmente, e la palestra del liceo diventa la mia seconda casa, e questo non solo per me ma anche per moltissime altre ragazze della città, che seguono la zia, catturate dalla sua passione per l’atletica leggera .

Lo sport era la sua vita, l’unico motore e questa era la sua forza, che riusciva a trascinare e ad ammaliare chi s’imbatteva in lei.

La dedizione ai giovani era totale e disarmante. Non l’ho mai vista seduta nell’ufficio sportivo del Liceo, era sempre in piedi, a dispensare consigli, a confortare, ad incoraggiare le sue atlete che appena potevano, durante la ricreazione, la raggiungevano per un salutino.

E alle 15.30 gli allenamenti. Mezz’ora di riscaldamento in palestra e poi su e giù per le scale del liceo a rinforzare le gambe. Poi la ginnastica a corpo libero in palestra: stretching, saltelli, esercizi alla spalliera, addominali, allunghi, balzi e via con le specialità! Si destreggiava tra il salto in alto ( la sua passione!), gli ostacoli, i lanci e il mezzofondo.

Sembrava una trottola. Quando poi alle 17 terminava l’allenamento, prendeva la sua mitica 500 bianca per ritornare a casa , dopo aver prima riaccompagnato a casa qualche allieva.

Sono cresciuta in tuta e scarpe di ginnastica come i miei fratelli, sempre pronta a gareggiare negli stadi di atletica della Sicilia e oltre lo stretto dove ci guidava il “nostro capitano”.

Chi potrà mai dimenticare il 6° posto conquistato dal Liceo Classico di Agrigento a Roma ai campionati nazionali dei Giochi della Gioventù o, meglio ancora, il 2° posto a Pescara sempre ai campionati nazionali? C’ero anch’io in quella squadra e la soddisfazione della medaglia d’argento che ci ha visti salire sul podio accanto alla città di Verona, ancora mi riempie d’orgoglio.

Beh, cara zia, gli anni sono trascorsi velocemente. Adesso sono felicemente sposata, vivo e insegno a Milano, ho due bambini di 7 e 10 anni, ma cerco di far tesoro di quello che ho imparato con te in quegli anni, di ciò che mi hai trasmesso, dell’amore genuino per una disciplina sportiva, per tutto lo sport, quello che tu, ancor oggi, seduta sulla tua poltrona a goderti il meritato riposo dopo più di 40 anni di servizio nella scuola, consideri la forza trainante, panacea di tanti “mali” che spesso affliggono i giovani. E così ti accalori, t’infiammi più che mai sentendo che lo stadio di Villaseta è ridotto a un cumulo di macerie, per non dire una discarica, e che la città ne ha consentito lo scempio, decretando così la morte dell’atletica leggera. Che tristezza! Hai pienamente ragione!

E’ vero, lo stadio non c’è più, l’atletica agrigentina ha fatto perdere di sé ogni traccia, ma quello che hai insegnato a noi tutti che abbiamo avuto la “fortuna” di averti come prof, è ancora vivo e palpita, e se gli anni passano inesorabili, l’amore per lo sport anima ancora le nostre vite, a tal punto che quando possiamo mettiamo tuta e scarpette e via, a correre per le strade a macinare chilometri, partecipando a maratone e a quant’altro.

Grazie ! Non sei stata solo un’insegnante di educazione fisica, ma una maestra di vita, di una vita fatta di dedizione, sacrificio, sano agonismo; le trasferte sportive sono state qualcosa di più che il viaggio in un’altra città per gareggiare: in quei giorni abbiamo imparato a stare insieme, a diventare amiche, a ridere in coro per qualche sciocchezza, a tifare fino a spolmonarci per ognuna di noi, a piangere e a gioire insieme quando la commozione s’impadroniva di noi. Tu sempre accanto a noi, a sostenerci, a infonderci fiducia, a credere nelle nostre forze.

Adesso, a distanza di tanti anni, ripenso a quegli allenamenti pomeridiani: c’era come una magia che aleggiava …

Era l’armonia e dentro una pienezza. E’ questa la bellezza dello sport!

Grazie Prof!

 

Irene Grenci, classe 1969

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