MAROCCO, IL MISTERO DELLA VITA NELLE FOTO DI TANO SIRACUSA di Luca La Porta

'Marocchini', a Realmonte, presso la galleria di Giovanni Proietto. La mostra è stata a Genova, Linosa e Agrigento, dovrebbe poi andare a Palermo. 

Le fotografie scattate da Tano Siracusa durante i suoi numerosi viaggi in Marocco, dal 1984 al 2012, si collocano a metà strada tra il diario personale e il reportage. In esse, quasi dialetticamente, il passato  si manifesta nel presente, proprio perché il Marocco che mostrano non è altro che una rievocazione delle atmosfere dell’infanzia del fotografo, quelle della Sicilia premoderna degli anni Cinquanta e Sessanta. 

Tano Siracusa fotografa di tutto con sguardo lucido, partecipe, appassionato, mantenendo un grande rispetto per ogni soggetto: contadini, operai, ragazzi, donne, turisti occidentali, la città, la campagna, bar, stabilimenti balneari, facendo rivivere in tutte le sue immagini la realtà nella flagranza del suo accadere. Il tratto fondamentale delle sue fotografie è il ricercato senso estetico con cui filtra tutto ciò che vede e che lo spinge anche ad attingere alle immagini dell’arte del passato.
 In alcuni scatti, il mosso, conferendo alle figure colte in movimento l’aspetto di un’impronta confusa, di una macchia, di una scia di luce, dà l’impressione che le cose, piuttosto che stare davanti all’obbiettivo, avvengano; all’interno dell’immagine si apre così una breccia o uno squarcio nel quale irrompono il tempo e la memoria. L’emergere di una dimensione temporale amplia la natura denotativa del medium fotografico proprio perché consente di creare forme nuove e soggettive, dal momento che la sfocatura lasciata dall’oggetto in movimento  sul fotogramma è del tutto assente all’osservazione diretta. L’immagine mossa diventa il metodo con cui far deflagrare qualsiasi corrispondenza tra percezione e fotografia, in modo che quest’ultima perda qualsiasi credibilità mimetica e oggettiva, per diventare libera espressione del movimento dell’interiorità; ne consegue che il reale, di cui la fotografia è l’indice o l’impronta, non è più l’immagine percepita ma soltanto un cambiamento continuo di forma, oppure, attingendo dalla narrativa di Pirandello, reale è soltanto il flusso continuo della vita che invano cerchiamo di arrestare in categorie stabili e determinate. 
In alcune fotografie il primo piano è sfocato e tende ad arretrare, mentre lo sfondo è messo a fuoco e sembra venire avanti: ciò dà vita a uno spazio costituito da frammenti incongrui, come quello rarefatto della memoria, dei ricordi o dei sogni.
 Sospese tra presente e passato, tra memoria e realtà, le immagini di Tano Siracusa, incentrate su temi come come l’inclusione dell’altro e il viaggio, inteso come riappropriazione delle proprie radici, pur non essendo lo specchio fedele del Marocco di oggi – lo stesso fotografo dichiara che la fotografia è una menzogna - fanno rivivere quel senso della ritualità e del mistero della vita che il mondo occidentale sembra aver irrimediabilmente perduto.

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