MEDEX AD AGRIGENTO, SECONDA SETTIMANA di Tano Siracusa

Sabato sera al Funduk eravamo una trentina di persone. Fuori la pioggia scrosciava  e dentro si raccoglievano storie raccontate ad un microfono, nascosti in una specie di cabina, si scrivevano testi con una vecchia macchina da scrivere, sull’inverosimile palcoscenico scavato nel tufo si recitavano poesie, in un angolo si dipingeva, si fotografava in un piccolo set, si mangiava e beveva, e si aspettavano gli altri che non sono venuti. Per la pioggia, certo. Ma non solo. 

Voi agrigentini, dice Daniele,  siete la cicoria, i migranti sono la liquirizia. Loro, quelli del  Medex, sono lo zenzero.  E il Medex vorrebbero mescolarli, farli incontrare, ma non è facile, almeno con la cicoria. 
Qui, spiegano a Daniele, la cicoria non è facile da mescolare, neppure due  mazzi dii cicoria fra loro.  Quelli che organizzano un cineforum non vanno al cineforum dell’altra associazione e tutti non vanno nell’unica sala che per anni ha tenuto una programmazione di qualità. Fino a quando quel cinema, il Mezzano, è andato in crisi. Solo un esempio fra tanti. Steccati, recinti, piccoli giri blindati, non comunicanti neppure fra loro. Figuriamoci la voglia di comunicare se arrivano degli alieni da Bruxelles. 
Alcuni si sono avvicinati, sono stati presenti ai primi incontri, hanno discusso e dissentito. Ed è anche facile dissentire con l’impostazione e gli schemi operativi, con le forme di comunicazione interna al gruppo. Ma quel centinaio di presone che in città avrebbero potuto partecipare non si sono viste. O meglio:  non sono venute neppure a vedere.  
E infatti Daniele e i suoi amici dopo la serata di sabato hanno concentrato le loro energie sul Liceo classico Empedocle e su un centro di accoglienza di minori provenienti dall’Africa subsahariana e dal Bangladesh. 
Al liceo nell’aula magna hanno montato  una mostra, quella itinerante del loro Museo effimero dell’esilio, dove incontrano gli studenti. 
Al centro svolgono una quotidiana attività di laboratorio con decine di ragazzi, molti dei quali traumatizzati da vicende drammatiche.
La città, non solo l’ambiente artistico,  rimane lontana, non è neppure una cornice per questo gruppo di trentenni che mescolano le lingue e  stanno provando a darle una piccola scossa. 
Eppure le serate al Funduk per chi c’era sono state piacevoli, un laboratorio di linguaggi, di modalità di comunicazione estemporanee, di performance. 
Al Liceo la mostra è interessante, viene  molto visitata,   e al centro di accoglienza i ragazzi dopo un iniziale disorientamento si sono lasciati facilmente coinvolgere. Non aspettavano altro, dicono al centro.
Quelli del Medex sono riusciti  a fare incontrare i nostri liceali con i profughi del centro (che non è possibile riprendere in viso), sono riusciti a mettere  assieme liquirizia zenzero e cicoria. Forse arano e lasceranno qualche seme.   
Non è facile raccontare  tutto questo con le parole. Si capisce forse meglio vedendo il video.