QUANDO I LEGAMI PERDONO L'EROTICA E IL REALE IL SACRO di Pepi Burgio

A distanza di alcuni anni dalla sua ultima pubblicazione, Massimo Recalcati ha dato alle stampe un nuovo saggio, “I tabù del mondo”, al solito ben scritto, molto chiaro, molto interessante. Con qualche scoria ideologica soltanto che addirittura sconfina nella ardita lettura della figura del primogenito nella parabola del figliol prodigo del Vangelo di Luca: “il primo [il figliol prodigo] sceglie la via improduttiva della rivolta nei confronti del padre, mentre il secondo [il fedele primogenito] quella ugualmente improduttiva della obbedienza rinunciataria e risentita”. Ciò appare più che altro come una fantasiosa acrobazia esegetica se non una spregiudicata costruzione narrativa. Ma non vado oltre, anche perché, come si dice oggi, sono privo delle necessarie competenze. Ed anche perché non mi pare il caso di insistere su aspetti tutto sommato marginali che non inficiano il valore dell’opera. Dice Recalcati: “il nostro tempo non sa né pensare, né vivere l’erotica del legame perché contrappone perversamente l’erotica al legame”. Per l’uomo occidentale la libertà dell’amore, nonché quella tout court intesa, “deve escludere ogni forma di limite, deve porsi come assoluta”. E allora, nelle inevitabili, devastanti conseguenze della mancata individuazione del limite, l’autore scorge i contrassegni pedagogici, e non solo quelli, di una drammatica mutazione antropologica. Un simile smarrimento mette capo ad una singolare inversione di status: gli adulti, dice Recalcati citando Lacan, “sono in realtà i veri bambini, poiché tendono a disfarsi dal peso della loro responsabilità”. Segue quindi un riferimento ad Horkheimer e Adorno che in Dialettica dell’illuminismo fanno notare come ogni forma di radicale emancipazione dalla Legge tende a mutarsi nel suo opposto. Il nostro tempo, dice sorprendentemente Recalcati, “rischia di smarrire ogni possibile sguardo sulla trascendenza, sull’altrove”. Rischia soltanto? Si tratta, in realtà, di un processo in gran parte già compiuto. La risposta forse va rintracciata nelle parole di Pasolini, ancora lui, poste in esergo al libro: “Io voglio riconsacrare le cose per quanto possibile, voglio rimitizzarle […] viviamo in una cultura che non crede più ai miracoli […]cercare di trasmettere quel senso di miracoloso che ciascuno di noi prova guardando l’aurora, ad esempio: non succede nulla, il sole sorge, gli alberi sono illuminati dal sole. Per noi, forse, è questo che va chiamato miracolo”.

A quanti pensano, sbagliando, che ciò emani un insopportabile tanfo reazionario, un filosofo spagnolo replicherebbe che “gli unici reazionari sono coloro che si appagano del presente”.

Questo libro di Massimo Recalcati ha un sottotitolo, Figure e miti del senso del limite e della sua violazione, ed una dedica che così recita: “A Pier Paolo Pasolini corsaro”. Chiaro.

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