L’ESPRESSIONISMO ASTRATTO DI OLGA BRUCCULERI intervista di Michela Ladu

Ad oggi niente nudi, corpi o donne, ma figure antropomorfe: è così che si manifesta l’immaginazione creativa della pittrice agrigentina Olga Brucculeri. L’artista nasce ad Agrigento nel 1973, dove oggi vive e lavora. Consegue all'Accademia delle Belle Arti di Palermo, nell’anno 2005, la laurea di1° livello con il massimo dei voti.
Dal 2003 al 2004, vincitrice di borsa di studio Socrates/Leonardo, studia nel Dipartimento di “Arte & Design” presso l’Università di Madeira in Portogallo dove lavora ed espone.
Una sua personale dal titolo ‘Frammenti’ è attualmente in corso al ‘Linoikos’, a Linosa, organizzata dalla Cooperativa Sociale Sanlorè’.
 
Come nasce la passione per la pittura?
Quando cominciai a dipingere, mi ritornò alla mente un mondo di cui avevo nostalgia, pieno di violente scosse eccitanti,delle quali non dovevo rendere conto a nessuno. In questo stato di grande percezione della verità della vita, mi isolavo nel piccolo camerino di una grande casa, dove, abbandonato in una scatola, trovai un gioco curioso, “il Caleidoscopio”. Un semplice tubo di plastica con all’interno una serie di specchi diversi per forma e colore, una specie di cannocchiale con il quale mi perdevo in un infinito mondo di colori. Come tutti i bambini mi recavo la mattine alla scuola materna e impiegavo il tempo a colorare dei pezzettini di carta con i colori a cera e li mangiavo tutti uno per volta: vivevo il senso del colore. Poi più nulla nel mio ricordo, fino al giorno in cui ormai grande, frequentando un corso di teatro, ci fu l’occasione di confrontarsi, per noi, un gruppo di ragazzi, con del materiale creativo: il mio lavoro suscitò la curiosità e lo stupore di tutti e perfino il mio: da lì la mia voglia di sperimentare il colore e la materia.
L’anno successivo, nel 2000, mi iscrivevo all’Accademia delle belle arti, e da allora non smisi più di dipingere.
 
Quali le suggestioni che producono le prime opere?
Inconsciamente incontravo la mia infanzia, trovavo un nuovo modo di vivere, esplosivo, pieno di vitalità. Erano anni travagliati, in cui percorrevo una strada piena di particolari difficoltà, ma il colore mi liberava, ancora una volta, da una vita aguzzina e delimitata. Per anni mi ero costruita su schemi ed esempi, ma la pittura mi stava cambiando in modo singolare, diventavo impetuosa, disordinata, bizzarra e improvvisatrice, subivo il fascino della sfrontatezza della libertà. Ero cambiata. Mi liberavo dal “saper-dire e dal saper-fare”, sparivano i sostegni e le fondamenta della realtà di tutti. Nella mia agitazione interiore, in un continuo creare e distruggere, mi sbarazzavo delle costrizioni per seguire la tempesta che esprime l’agitazione stessa. Speravo che anche agli occhi degli altri, tutto quello che è passato attraverso un torrente così agitato, prendesse vita anche se non aveva e non ha apparentemente legami con “nulla” se non con il desiderio ed il fascino del “nulla”.
 
Cosa la spinge a dipingere?
E’ per un bisogno di accrescimento, di liberazione, di disgusto, che scambio il mio temperamento, il mio calore con la pittura. Misteriosamente l’arte pittorica è venuta a prendere il posto di un padre, di un amante o di un figlio, tra la mia sorpresa e la mia irritazione. C’è aria in ciò che faccio, infatti la pittura non mi da “da vedere”, ma “da respirare” e allo stesso tempo non sembra darmi mai pace o purezza. E’ come se fossi sempre coinvolta nel melodramma della volgarità. Non cerco nella pittura uno stato di riposo, sono troppo inquieta.
 
Cos’è la pittura?
La pittura è un modo di vivere, è uno stile di vita. Ed è proprio nel suo essere inutile che ci trovo la mia libertà, non cerco il conformismo, ma ispirazione: la pittura è il mio spazio e il mio tempo. Non una mera fonte di conversazione, ma la sorgente di una reale esaltazione . E’ la mia convinzione dei fatti, ed è la mia forma di vita che pulsa ed agisce. E’ l’attuazione della mia percezione del mondo. E’ la mia fede e non una consolazione, non disperazione, ma la fiamma del mio vivere. Con l’arte costruisco la mia vita e non è la maschera della mia impotenza ma solo la mia verità. E’la mia reazione alla vita che mi picchia contro e contro di essa mi batto con le armi dell’arte.
 
Quale parte ha la pittura nella sua vita?
La mia completa fusione con la pittura ha rivelato la mia forza, contribuendo alla conoscenza più ampia di me stessa e delle cose. Ha favorito la mia maturità, la mia intelligenza e la mia completezza umana e sociale…Le sensazioni nate nell’essere umano sono più forti dell’uomo stesso, devono erompere senza via di scampo e devono essere comunicate e sistemate. Con la pittura lavoro per dar vita ad un ordine, con essa elaboro ipotesi di vita.
 
Cosa significa tradotto nell’azione del dipingere?
Compongo e faccio del frammento la forma,del caos l’ordine. Costruisco un’immagine facendola a pezzi. Diffondere energia, attivare una superficie neutra e anonima, darle una personalità, darle un valore autentico esprimendo la propria sensibilità. La pittura è l’estasi della libertà che mi spinge dove non esiste altra realtà che la sensibilità, il solo contenuto della mia vita. Un dipinto mi interessa quando riesco ad accendere in esso una specie di fiamma della “vita” dell’ “esistenza”, quando i miei quadri non hanno vita, non si muovono, continuo a lavorare, aggiungo e tolgo cambio e correggo (lavoro empiricamente come un cieco,esperimentando ogni genere di mezzi) finché non intravedo nel dipinto una certa liberazione,e da quel momento mi sembra che abbia acquistato proprio quella “vita”. Non posso ripetere lo stesso effetto. Si tratta di qualcosa di misterioso ed è proprio a causa di questo mistero che sono portata a rinnovare questa esperienza continuamente.
 
Come nasce, cresce e matura una sua opera d’arte?
La missione è quella di creare non di copiare. La mia pittura non nasce su cavalletto. Prima di cominciare a dipingere la appoggio sul pavimento, ho bisogno della presenza di una superficie dura e sul pavimento mi sento a mio agio, più vicina e più parte del quadro. Posso camminarci intorno, lavorarci da 4 lati diversi, mi sento cosi letteralmente dentro al quadro. E quando ci sono dentro non mi rendo conto di cosa sto facendo. E’solo dopo un certo periodo, impiegato a “far conoscenza”che riesco a capire a vedere che direzione ho preso. E’ un momento di grande intimità,dipingo sempre in silenzio sola e quasi al buio: è come fare l’amore, non ho paura di sbagliare. So che il quadro ha una vita sua ed io non cerco che di farla venir fuori, è solo quando perdo contatto con la tela che il risultato è un disastro. Ma è quando si stabilisce un contatto di pura armonia, di spontanea reciprocità che l’opera riesce bene.
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