AGOZZINO: L'ORA DEL COLORE di Tano Siracusa

Può il condizionamento ambientale, la disponibilità o meno di uno spazio adeguato per lavorare, marcare il profilo di un’intera produzione artistica?

Mentre lavora con i pastelli ad olio al Faust di Goethe, Giuseppe Agozzino racconta che da ragazzo non aveva spazio per dipingere e che perciò disegnava, per lo più su piccoli formati. Si alzava anche di notte e disegnava. Inventava e copiava. Rifaceva Toulouse_Lautrec ad esempio, che con Grosz, Picasso, Goya, tutti abilissimi nel disegno, sono fra i suoi autori di riferimento.

E infatti chi ha avuto modo di ammirarne le opere ha riconosciuto e apprezzato Agozzino innanzitutto per la inconfondibile cifra espressionistica del suo segno grafico, fitto e spezzato, a volte convulso, visionario: come nel ciclo ispirato al vangelo di Luca, nei lavori su Icaro, sui migranti o nelle illustrazioni dell’Antico Testamento e delle canzoni di De Andrè pubblicate su Fuorivista - illustrazioni felicemente infedeli, che usano il riferimento testuale come pretesto, ancoraggio utile ad impedire la completa deriva nel fantastico.
In questi suoi ultimi pastelli ad olio ispirati al Faust di Goethe irrompe invece il colore, magma spesso informale dove il segno grafico affiora e rischia di affondare.
E’ come se la costrizione ambientale avesse astutamente collaborato a sollecitare il talento grafico di Agozzino, a scapito della pittura che solo raramente ha potuto praticare, quando è stato ospitato nell’atelier di qualche amico pittore, come Gianni Provenzano e più di recente Giovanni Proietto o, con inevitabili restrizioni (la rinuncia ai colori ad olio, ad esempio), nella cartolibreria Caflab Belle Arti dove ha iniziato la serie sul Faust, oppure da pochi giorni presso Culturart in via Neve.
Perché il colore, spiega l’artista agrigentino, lo ha sempre intrigato. E adesso che la rabbia è passata, che un pacificato disincanto lo dispone ad uno sguardo forse più indulgente verso il teatro della vita, Agozzino vuole affidare soprattutto al colore, a un cromatismo acceso, eruttivo, violentemente contrastato, il compito di saturare lo spazio della rappresentazione.
Chissà che la sua presenza in centro storico non ispiri una nuova serie di suoi lavori e non renda più accessibile al pubblico uno dei maggiori artisti della città.