SOFRI-KAFKA: SULLE VARIAZIONI (IN)VOLONTARIE di Giandomenico Vivacqua

 

A margine dell'incontro agrigentino con Adriano Sofri, con uno scritto apparso su Suddovest Gaetano Siracusa suggerisce una chiave di lettura sacrificale del racconto di Franz Kafka 'La metamorfosi'. Secondo Tano, Gregor Samsa, improvvisamente metamorfosato in un insetto immondo, accetta cristianamente che si compia il proprio

destino di esclusione e di morte, affinché l'umanità, rappresentata dalla sua famiglia carnale, ne sia redenta e sopravviva. Nell'olocausto cui con mitezza si rassegna l'infelice commesso viaggiatore, Tano pensa di indovinare la vera ragione dell'interesse, diciamo anche dell'ossessione, di Sofri per il racconto kafkiano. Come Gregor - è la tesi di Tano - anche Sofri ha accolto con puro spirito sacrificale il proprio martirio carcerario, al quale avrebbe potuto sottrarsi, se solo avesse accettato di presentare una domanda di grazia, da molti sollecitata e dall'esito, se non certo, almeno probabile. Ma Sofri resiste all'umanissima tentazione della libertà, sprofondato in una cella solitaria, cieca e umida, frequentata da insetti immondi. Non la socratica obbedienza alle leggi della città, avrebbe determinato l'atteggiamento di Sofri, secondo Tano, ma il religioso assoggettamento ad una trascendente volontà di riscatto, insita nel paradigma dell'uomo morto sulla croce. Interpellato da Tano su questo punto, nel corso della serata agrigentina, Sofri ha però negato che siano di natura autobiografica le ragioni profonde che lo hanno indotto a scrivere 'Una variazione di Kafka'. Ma l'interpretazione autentica di Sofri non ha scoraggiato l'oltranzismo ermeneutico di Tano, che con lo scritto pubblicato da Suddovest aggiunge quest'ulteriore nuance alle molte sfumature di un libro già sorprendente, nel quale si raccontano, con magistrale dovizia di riferimenti e di suggestioni, le peripezie filologiche di una sillaba, che muta nel corpo di una parola, dalla prima alla seconda edizione de 'La metamorfosi', trasformando la ristagnante luce elettrica dei lampioni stradali nella vagante luce elettrica dei tram. Variazione non da poco, se proiettata sulla squallida degenza di un uomo-scarafaggio. Ma il saggio è godibile e interessantissimo anche per le vicende e i personaggi collaterali, sui quali si appunta l'occhio indagatore di Sofri. Come il sommo J. L. Borges, di cui scopriamo che per vanità, o per altro movente, tesse col silenzio una memorabile impostura, lasciando che gli sia falsamente attribuita la paternità di una traduzione del racconto di Kafka. O come l'inquieta Margarita Nelken, l'intellettuale spagnola di origini ebree tedesche, femminista, militante repubblicana, comunista, combattente antifranchista, espulsa dal partito e ostracizzata dai compagni, che è la vera traduttrice, dal tedesco al castigliano, del racconto di Kafka. Ma, occorre dolorosamente notare, neanche nello scritto di Tano questa donna "dalla vita brillante, tumultuosa e triste", esule e perseguitata, riceve asilo e riparazione. Curiosamente, infatti, Tano sacrifica la "puttana" geniale, immutandone il nome in quello della signora Margarita Kelsen. Una variazione della traduttrice di Kafka, si potrebbe ironizzare, frutto di un banalissimo errore, cui perfino Tano, solitamente molto attento, può essere incorso. Ma a complicare la cosa, a trasformare il refuso in una "questione", c'è che la nuova identità della traduttrice, in forza della variazione tanesca, coincide con quella della moglie del più grande filosofo e teorico del diritto del Novecento, l'austriaco Hans Kelsen, sposato con Margarete Bondi, poi, appunto, Margarete Kelsen. Da libro di Sofri abbiamo appreso che Kafka compiangeva le ragazze da marito, ritenendole esposte al più crudele dei destini. Quale inconfessabile misoginia, ci chiediamo, quale crudele volontà normalizzatrice si cela sotto il lapsus calami di Tano, sicché una donna intellettualmente spregiudicata, sessualmente anarchica e insofferente alle regole sociali del suo tempo, come la bella Margarita, insensibilmente l'ammomoglia al più grande teorico mondiale del primato della norma giuridica?

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