L’EQUIVOCO LINGUISTICO DEL “SIEDI IL BAMBINO” di Alessandro Riccardo Tedesco

Vocabolario degli accademici della crusca, IV edizione, 1729-38, 02 incisione di un frontespizioCerco di dare il mio contributo, da appassionato, non certo come esperto. Giorni fa siamo stati investiti un po’ tutti da un gran polverone mediatico scaturito da un post sul forum dell’Accademia della Crusca. Il post inquisito è stato redatto dal prof. Vittorio Coletti, linguista e docente di italiano nonché consigliere della Crusca. 

Il post rispondeva all’ennesima richiesta di chiarimenti sull’uso transitivo di verbi intransitivi come “uscire”, “sedere” e appunto l’esempio portato nella domanda era se fosse mai corretto utilizzare espressioni come “siedi il bambino”.

I titoli di tutti, dico tutti, i magazine online sono stati di questo tenore: “La Crusca sdogana l’uso di siedo il bambino”.

Certo, ha fatto comodo ai siti di news “sparare” il titolo ad effetto, e l’effetto c’è stato eccome: il polverone. Un polverone che ha oscurato il vero senso delle parole del prof. Coletti e che pochi hanno letto.

Alla domanda “è lecito costruire il verbo sedere con l’oggetto diretto di persona?” il cattedratico apre il suo intervento con le seguenti parole: “Queste domande evocano situazioni, per così dire, tutte di ambito domestico...”, ponendo una cornice ben precisa. E Vittorio Coletti poi continua ad argomentare riferendosi all’uso regionale e popolare della lingua che in alcuni casi ammette una costruzione che “ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali”.

Questa considerazione è bastata per far esplodere il caso, ben, ovviamente, enfatizzato e deformato nel suo senso dai produttori di notizie.

Ma noi siamo andati oltre, abbiamo letto per intero la risposta del linguista e la nostra attenzione si è soffermata su un’altra affermazione: “La posizione dei lessicografi contemporanei non lascia dubbi: per quanto di impiego tanto rilevante da essere registrato (pur con le differenze segnalate), nessuno di questi usi viene "promosso" al livello della lingua comune”.

Infatti, l’analisi delle evoluzioni linguistiche non si riduce ad un semplice adesione alle norme prescritte: così come la giurisprudenza si adatta col diritto positivo ai continui cambiamenti sociali, anche le regole e le strutture grammaticali subiscono un adattamento territoriale e temporale.

Questo però fa emergere una contrapposizione tra “prescrittivisti” e “descrittivisti”, cioè tra coloro che possono essere definiti come ortodossi della grammatica (i lessicografi, scrive Coletti) e coloro che registrano invece l’evoluzione della lingua parlata.

In una zona grigia che sta a metà tra le due fazioni ci sta il linguista che ha un punto di vista sempre in equilibrio tra una posizione che osserva il fenomeno linguistico nel suo mutare nel tempo (scuola diacronica) oppure in un preciso momento storico (scuola sincronica), e per lui è impossibile delineare dei confini precisi e dei principi che siano davvero condivisibili tra i due approcci. 

Il fatto che una lingua viva, impone anche che la grammatica della lingua non sia mai statica definendo così un equilibrio dinamico tra norma e uso: una sorta di resilienza ambientale i cui valori vengono registrati dal linguista che cerca di capire come e se i rapporti di forza stiano cambiando.

Il linguista vede la lingua come un insieme di convenzioni: come la comunità si dà delle regole civili per rendere la vita collettiva efficiente, una struttura in cui ci si può muovere in accordo e comprendersi a prescindere dal contenuto soggettivo dell'azione stessa, così la lingua non è che una condivisione di convenzioni che definiscono quali sono i termini in cui deve avvenire la comunicazione, che possono cambiare, soggettivamente, a seconda dell’ambito e dell’ambiente, del settore e del luogo, che si adattano alle esigenze contestuali.

Al linguista spetta il compito di registrare queste diversità e quando il caso proporle come norma.

Quindi, a parer mio, un polverone alzato solo per l’opportunità che presentava la notizia come commodity e poi propagatosi in rete attraverso lo scontro tra le opposte fazioni dei “grammarnazi” e i “neolinguisti” orwelliani perché in Italia siamo sempre stati un popolo di navigatori, poi allenatori, e linguisti, e ora anche medici, scienziati , economisti, ma, per usare le parole che l’economista Padoa Schioppa ha avuto nei confronti di questo governo: “ignoranti o in mala fede, ma forse tutt’e due”. 

P.S. In merito alla conclusione, inserisco un link di un articolo de “il giornale”     (http://www.ilgiornale.it/news/cronache/scendi-cane-e-siedi-bambino-cara-crusca-boccia-questo-1635147.html). Per il resto, avrete avuto occasione di deliziarvi sul web.

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