SOGNO ERGO SUM di Pepi Burgio

Racconta il risvolto di copertina di Sogno ed esistenza, breve saggio del 1930 di Ludwig Binswanger, a quel tempo ancora un poco noto psichiatra svizzero, che quando nel 1954 si presentò all’editore uno sconosciuto ventottenne di nome Michel Foucault proponendogli la pubblicazione dello scritto di Binswanger preceduto da una sua introduzione, l’iniziale impatto per l’editore fu pressappoco sconvolgente. Un anonimo giovane intellettuale si candidava per un saggio introduttivo ad un’opera di Binswanger, ribaltando per giunta la canonica relazione quantitativa che disciplina il rapporto tra un saggio e la sua introduzione. In sostanza le trenta pagine dello snello scritto di Binswanger sarebbero state precedute, come poi in realtà avvenne, dalle ponderose settanta del saggio introduttivo di Foucault. Da allora Sogno ed esistenza pare debba la sua fortuna presso gli studiosi e in genere i lettori alla introduzione geniale del giovane francese. Di recente Umberto Galimberti ha ricordato che le prime opere del filosofo recano una marcata connotazione fenomenologica, che disporrà Foucault verso una ricerca archeologica dei principi originari, ovvero della individuazione degli a-priori inconsci che rendono possibile l’organizzazione del sapere.

 

         Nell’introduzione a  Sogno ed esistenza, Foucault fin dall’inizio svolge una serie di considerazioni critiche alla lettura freudiana dell’attività onirica. Nella Interpretazione dei sogni (1900), grazie a Freud questi fanno “ingresso nell’ambito dei significati umani”, ma il loro linguaggio verrà analizzato dal padre della psicanalisi solo sul versante semantico, trascurandone una possibile lettura degli aspetti strutturali sia morfologici che sintattici; ed omettendo “la dimensione propriamente immaginaria dell’espressione significativa”.

         Lacan avrebbe individuato nel linguaggio lo scrigno che custodisce i significati dell’esistenza, ma la psicanalisi non sarebbe stata in grado di intercettare la specificità del linguaggio delle immagini, limitandosi a cogliere il carattere simbolico dell’indizio. Ma l’indizio di per se stesso non ha significato.

         Foucault ricorda che per la fenomenologia husserliana l’atto del vedere si protende ben oltre l’immediatezza percettiva per scoprire “l’essenza significativa del vissuto percettivo”. E così, come a parere di Husserl “colui che parla non genera soltanto la parola, ma l’espressione nella sua totalità”, a maggior ragione la straordinaria complessità del sogno non può essere esplorata svilendone i significati per ridurli alla sfera indiziario-simbolica. La fenomenologia, ricorda Foucault, “permette di cogliere il significato nel contesto dell’atto espressivo che lo fonda”; e quindi se da un lato Freud ha avuto il grande merito di iscrivere il sogno alla logica simbolica e attribuirgli uno statuto psicologico, tuttavia “non ha saputo riconoscerlo come forma specifica d’esperienza”. Il sogno, aggiunge Foucault, è “ben altro che una rapsodia d’immagini per la semplice ragione che è un’esperienza immaginaria”; e il suo contenuto è tanto più ricco quanto più eccede le categorie psicologiche che vorrebbero vincolarlo.

         Infine, con un colpo d’ala, il riferimento ad una stagione, o se si vuole ad una sensibilità perenne, quella romantica, che del sogno ha intuito la potenza immaginaria nella creazione di linguaggi estranei ai principi primi della logica aristotelica. Dopo avere affermato che “ogni esperienza immaginaria è un indizio antropologico di trascendenza”, Foucault sgrana il rosario dei grandi spiriti romantici sull’argomento. Tra tante citazioni, una, tratta da I miserabili di Victor Hugo, ci pare si affermi sulle altre: “se fosse dato ai nostri occhi di carne di vedere nella coscienza altrui, si giudicherebbe assai più spesso un uomo  secondo quello che sogna che non secondo quello che pensa… il sogno che è assolutamente spontaneo assume e mantiene la forma del nostro spirito. Niente sorge più direttamente e più sinceramente dal fondo stesso della nostra anima delle nostre aspirazioni irriflessive e smisurate… Le nostre chimere sono ciò che più ci rassomiglia”.

         Arduo allora dubitare di Hölderlin se afferma che “un dio è l’uomo quando sogna, un mendicante quando pensa”.

 

Quanto poi al saggio di Binswanger, forse ne parleremo un’altra volta.  Basta  intanto ricordare quanto è annunciato dall’esergo che contiene una  citazione di Kierkegaard: “Ci si attenga piuttosto a quel che significa essere uomo”.

categorie: