INTERNI DI LICEO. DEL LEGGERE E DEL POETARE di Alberto Campione*

 “Fidati di chi ama leggere, fidati di chi porta sempre con sé un libro di poesie. Guarda con sospetto chi ti dice che non ha tempo, che la letteratura è una bella cosa, che quando si è giovani si può leggere ma poi... Mente, non gliene importa nulla. Mente sapendo di mentire” Roberto Cotroneo.
Roberto Cotroneo è un affermato scrittore italiano che ha collaborato spesso con testate giornalistiche di grande importanza come “Il Corriere della Sera”. Tra le sue opere, una delle più significative è un libro, diretto al figlio, che argomenta sul piacere della lettura. In particolare, un aforisma, estrapolato da tale opera, si dimostra interessante: “Fidati di chi ama leggere, fidati di chi porta sempre con sé un libro di poesie. Guarda con sospetto chi ti dice che non ha tempo, che la letteratura è una bella cosa, che quando si è giovani si può leggere ma poi... Mente, non gliene importa nulla. Mente sapendo di mentire”. Quanti concetti in poche frasi! Innanzi tutto, è ovvio che tale affermazione abbia tono sentenzioso, come denota l’uso dell’imperativo nelle voci verbali. Soprattutto, sembra quasi una legge di vita, non riferita soltanto alla letteratura e alla lettura in generale, bensì atta a svelare significati più reconditi e universali. Le prime due affermazioni, ma forse sarebbe meglio chiamarle “raccomandazioni”, esprimono il giudizio positivo dell’autore nei confronti di chi ama la lettura e la poesia in modo morboso, quasi senza potersene distaccare. E’ interessante notare come l’autore non specifichi se l’amante della lettura manifesti o meno la sua passione. Dunque questo messaggio è, almeno dal mio punto di vista, un invito alla modestia e tuttavia all’orgoglio quieto che solo la ricerca della natura del mondo può dare. Il valore di questa ricerca può essere espresso in vari modi dalla poesia. Questa, pur piacendo o no nelle sue molteplici espressioni, è innegabilmente e costantemente la traccia del pensiero di chi l’ha scritta. Tuttavia, pur essendo sempre il segno di una mente fresca e frenetica nelle sue ideazioni, un componimento non deve essere necessariamente apprezzato per il messaggio, ma anche e soprattutto per la bellezza stilistica che il poeta gli ha conferito. Per esempio, D’Annunzio non esprime nessun importante messaggio di vita nelle sue opere, se non un superficiale vitalismo; eppure, è uno dei più importanti scrittori della letteratura italiana. Per cui, chi ama la poesia non è soggetto all’approvazione forzata di ciò che ha letto, non deve porsi lo scrupolo di una sterile classificazione dello scritto in buono e meno buono. Detto questo, chi ama la poesia si può quindi considerare un esploratore di ciò che gli sta intorno, e che gode di questo suo viaggio.

Personalmente, la poesia che preferisco maggiormente è “Meriggiare pallido e assorto” di Eugenio Montale, sommo esponente del crepuscolarismo e dell’ermetismo. La seconda di queste correnti è decisamente quella che identifico di più con il termine “poesia”. La ricerca di verità mai rivelate, trascendentali, attraverso una profonda autointrospezione è il mio ideale di poetica, probabilmente perché anch’io sono una persona che cerca di vedere oltre le apparenze (ammetto di non riuscirci sempre). In “Meriggiare pallido e assorto” si esprime un correlativo oggettivo, un paragone fra un’afosa giornata di sole ripresa nel primo pomeriggio e la vita in generale, intesa, però, con un pessimismo comprensibile solo per chi si è immedesimato nell’immagine rurale del componimento. Tuttavia, non condivido questa visione della realtà. In tale frangente, preferisco di gran lunga D’Annunzio, il quale, nella sua superficialità, è un ideale di autodeterminazione, valore espresso nelle sue opere, non solo letterarie, ma anche concrete, materiali, come l’assedio di Fiume nel Primo Dopoguerra.

Credo che, se io e Roberto Cotroneo ci incontrassimo e cominciassimo a discutere di poesia, egli apprezzerebbe la mia capacità di prendere spunti da correnti stilistiche diverse fra loro (mi si perdoni la presunzione). Tuttavia, mi sentirei di contraddirlo. Per quanto io sia abbastanza interessato alla poesia ed al pensiero degli scrittori, non mi reputo un amante della poesia, semplicemente perché non godo della poesia in generale (come credo che un appassionato dovrebbe fare), ma sono più legato alla “superficie” di ciò che leggo, al giudizio basato su quanto mi piace una poesia, e non sul suo vero valore espressivo. Per esempio, in classe si è affrontato lo studio dell’opera di Umberto Saba. Nonostante io comprenda che si tratta di un valentissimo autore, non riesco ad avere, con le sue poesie, un approccio “sereno”, perché ho probabilmente deciso, nel mio inconscio, che debba farmi una profonda antipatia.

La seconda parte dell’aforisma è molto complessa, in quanto si presenta come un grande “comandamento” sul diffidare di chi dice di non aver tempo per la lettura, ma contemporaneamente giudica la letteratura “una bella cosa”, da potere apprezzare solo in gioventù. Penso che queste affermazioni siano controverse, almeno perché non le condivido completamente. Infatti, non avere tempo per la lettura, per Cotroneo, suppongo che significhi rifiutare l’attrazione esercitata da un buon libro. Tutto riconduce sempre al concetto di amante della lettura, che dovrebbe dedicarsi in tutto ciò che fa alla letteratura, e che quindi non può non trovare tempo per leggere, perche leggere è, per costui, come una sorta di ossigeno, indispensabile. Tuttavia, lo scrittore, con questa affermazione, si riferisce alla gente in generale, quindi afferma che la letteratura dovrebbe essere una parte importante nella vita di tutti. Io, però, non sono affatto d’accordo con questo parere; chi ama visceralmente qualcosa, in tal caso la poesia, in ogni sua parte, supera le considerazioni superficiali, e quindi non è soggetto a vincoli di tempo, nel senso che può anche fare a meno di leggere poesie, perché la sua passione rimarrebbe viva e legata alla riflessione, chiave di lettura di qualsiasi scritto. Così, chi ama leggere, può anche occuparsi d’altro, ma il suo amore per i libri non andrebbe perso, bensì sarebbe sempre legato al concetto intrinseco della lettura, quasi fosse un ideale trascendentale. Comunque, penso che Cotroneo voglia anche designare amanti e “produttori” di letteratura e poesia come una casta a sé stante, formata da esseri superiori, dotati di sensibilità e doti fuori dal comune; non posso, in tal caso, trovarmi di parere diverso.

Penso che chiunque trovi anche solo la forza di scrivere, indipendentemente dal risultato finale, meriti un elogio per quel coraggio che lo aiuta ad esternare a tutti le sue emozioni. La condanna, a mio parere, più “feroce” che lo scrittore pone è contro chi dice che la letteratura è una “bella cosa”, perché sarebbe, ed io condivido, pura ipocrisia. Il contravvenire a realtà stereotipate è ciò che di Cotroneo condivido e rispecchio in me maggiormente. Spesso, quando dovrei ripetere una lezione ed entro in uno stato di trance di fronte al libro perché la noia mi attanaglia, penso a proverbi usati spesso, e mi accorgo del fatto che il contrario di un detto popolare è spesso più veritiero dell’originale. Per esempio, un detto come “il fine giustifica i mezzi” è una grande bugia, una dichiarazione di assenza di qualsiasi scrupolo che si usa in difesa di mezzi illeciti diretti ad uno scopo più o meno nobile. Ma mi sono dilungato troppo; la questione era, infatti, definire l’ipocrisia di chi definisce la letteratura una “bella cosa”. Già l’uso del termine “cosa” denota una mancanza di acume, che esclude la minima supposizione che tali persone siano davvero appassionate alla letteratura. Frasi di circostanza come quella in esame sono, inoltre, espressione di totale mancanza di opinioni personali, sono parole buttate al vento e dette solo per impressionare chi ascolta. Un’altra constatazione importante è che chi dice di poter leggere solo in gioventù mente. In tutto ciò penso che si racchiuda il pensiero dello scrittore: non si può determinare un’età per temporizzare il proprio apprendimento, poiché la mente, non intesa come parte anatomica ma come componente essenziale dell’anima umana, è sempre aperta a nuove conoscenze, se il possessore è disposto ad acquisirle. Tuttavia, è ovvio che chi designa solo la gioventù come destinatario della lettura non è disposto a prendere atto di un infinito processo di apprendimento.

L’ultima parte delle considerazioni dell’autore è che le persone di cui si deve diffidare mentono nel dire di avere letto in gioventù, di non poterlo più fare, ma quel che è peggio è che queste persone mentono coscienti della loro ignoranza ed ipocrisia. E’ questa la più fatale delle verità, che gli ipocriti, che mentono, che fingono di essere interessati alla lettura, mentre questa è l’ultimo dei loro pensieri, non saranno mai capaci di appassionarsene completamente. E’ interessante notare come, da scrittore, Cotroneo abbia riferito il proprio aforisma alla lettura; invece, penso che ogni passione che l’essere umano contempli possa essere presa in esame basandosi sulle medesime considerazioni. La passione per i propri pensieri, per i propri desideri è quindi universale, così ogni persona, scavando nel profondo, trova, prima o poi, la propria vocazione.

*Alberto è uno studente del Liceo Classico di Agrigento. Ha quindici anni e un carattere grintoso. Ma, soprattutto, ha i colori dei Normanni: sarà per questo che nelle lingue straniere è un fenomeno? Il testo che pubblichiamo è un suo tema in classe segnalatoci dalla sua insegnante prof.ssa Sandra Scicolone

 

 

 

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