EMPEDOCLE E LE SCULTURE DI GREG WYATT di Alfonso Maurizio Iacono

[img:1 align=center title=none]Le sculture che Greg Wyatt ha voluto donare al Museo Archeologico di Agrigento e che stanno splendidamente nel parco dando l’impressione di esserci state da sempre, interpretano la filosofia di Empedocle in modo suggestivo. I quattro elementi, aria, terra, acqua, fuoco, che compongono la struttura del mondo di Empedocle e che sono mossi dall’amore e dal conflitto, assumono nelle opere di Wyatt il segno di una leggerezza che sembra librarsi verso l’alto. Come se la materia si protendesse dinamicamente per diventare forma e in questa tensione la sua pesantezza quasi scomparisse per dare l’illusione di una contesa con la forza di gravità.
Le passioni di Empedocle, l’amore e il conflitto, che muovono il cosmo componendolo e scomponendolo nell’incessante gioco della vita e della morte, sembrano assumere nelle opere di Wyatt esposte al Museo l’immagine di una torsione dinamica. Il loro diventar leggere è il frutto di uno sforzo doloroso verso la libertà.
L’americano Wyatt guarda in altro, guarda verso il futuro.
Noi europei questo futuro oggi lo vediamo meno. Il nostro grande passato, quello di Empedocle, potrebbe indurci a pensare al futuro, ma il nostro recente passato, che è più che mai presente, ci fa chinare la testa verso il basso. Il tempo lungo della storia scompare, mentre è affiorato il tempo breve ed è lì a dominare, senza passato, senza futuro. Carpe diem, scriveva Orazio, ma i romani avevano un rapporto con il tempo che noi non abbiamo più. Essi non correvano con ansia e affanno, zoppicando senza sapere di zoppicare. Il loro cogliere l’attimo non era il nostro.
E’ stato emozionante per me discutere di Empedocle. Il direttore Giuseppe Castellana ha la giusta idea che un Museo deve essere luogo di sapere vivo, di discussione, di riflessione. Lorenzo Rosso e Myosothis Giaramidaro hanno posto le domande nel modo per così dire giusto, cioè con il pacato e dolce piacere di una ricerca su ciò che Empedocle può suscitare in noi oggi, nel rispetto della diversità del passato, ma anche nella curiosità di un confronto con il sapere contemporaneo e con i problemi attuali. Il luogo, inutile dirlo, è meraviglioso. Il pubblico è stato paziente e delizioso. Che posso desiderare di più? Giovanni di Girgenti ha scritto che Empedocle è stato avvistato. Vorrei tanto che lo intrattenessimo chiedendogli di tornare nella sua città.
Ha ancora molte cose da dirci e da insegnarci.

 

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