BERLUSCONI BIPARTISAN, L'INIZIO DELLA FINE di Giovanni di Girgenti

Era prevedibile, era nelle cose, del resto già altre volte il gioco gli è riuscito: Berlusconi nel momento del suo massimo isolamento cerca la sortita dal bunker in cui si è rinchiuso lanciando l’esca a Bersani.
Nel recente  passato, subito dopo la fiducia ottenuta da Prodi e il primo strappo di Fini,  la lanciò (con successo) a Veltroni.
Oggi con la lettera al Corriere della Sera chiede a Bersani un patto bipartisan per la crescita.
E lo chiede all’indomani della proposta di D’Alema  di possibili elezioni anticipate per un governo costituente. ( Sia detto di passaggio: non aver chiesto prima del 14 dicembre elezioni anticipate, il non averle chieste nel momento stesso in cui maturava la separazione del gruppo di Fini e dunque al venir meno della maggioranza sancita dagli elettori, si conferma  un errore politico anche tattico dal momento che tale richiesta di per sé avrebbe favorito una maggiore disponibilità alla trattativa da parte delle forze al governo, come oggi sta avvenendo)
Dunque proposta bipartisan da parte dell’iperpartisan Berlusconi.
E’ una proposta smaccatamente tattica e intrisa di ammiccamenti corruttivi.
La può fare, nelle attuali condizioni, solamente qualcuno convinto in cuor suo che dall’altra parte ci siano persone senza principi e pronti a darsi al primo offerente.
Ma al netto di tali aspetti, non bisogna avere alcuna timore di affrontarla.
La prima cosa da dire è che finalmente Berlusconi riconosce l’impossibilità per il suo governo di mettere mani da solo  a provvedimenti di crescita. E’ quello che nelle settimane scorse e nei mesi scorsi hanno ripetuto Casini, Fini e Bersani senza trovare risposte da parte di Berlusconi che al contrario ha sempre ripetuto che senza Fini e Casini ( dei ‘comunisti’ neanche a parlarne) avrebbe potuto governare meglio. Adesso sostiene il contrario. Cosa è successo nel frattempo che lo ha spinto a cambiare idea?
Sul merito poi della proposta è veramente disarmante notare come l’unica cosa che riesca a tirare dal cilindro sia una qualche dismissione del patrimonio pubblico: nessun riferimento al nuovo welfare agli investimenti per la ricerca e la scuola, nessuna idea di giustizia sociale, nessun riferimento a tagli mirati e non lineari, nessuna specificazione del federalismo da costruire.
Le cose sono due: o questo governo è in condizioni di varare un piano per la crescita e allora lo faccia e lo porti in parlamento; o non è in grado, come sembra dalla proposta di Berlusconi,  e allora si dimetta e si apra tra le forze politiche un confronto per definirlo e lanciarlo. Se non fa nessuna delle due cose, si vada allora alle elezioni politiche anticipate.
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