AGRIGENTO: MORMORII CONDOMINIALI SUL NUOVO SINDACO di Tano Siracusa

Non si sa con precisione quando si andrà a votare per l’elezione del nuovo sindaco di Agrigento. Il Commissario si è appena insediato e le manovre per le candidature sono cominciate da un pezzo. Sia a destra che a sinistra che al centro e nelle sempre più estese e sfumate zone intermedie e grigie fra i due poli. Nomi, naturalmente, non programmi, idee, progetti.
Neppure quelli mancano, per la verità: a pochi giorni di distanza due iniziative pubbliche hanno avuto per tema il centro storico della città, un’iniziativa del PD e un’altra promossa dalle associazioni Labmura e NonSoStare. Ma è come se i due piani, quello della politica delle candidature e quello dell’elaborazione e del confronto progettuale fossero i piani di un condominio, dove ci si incontra casualmente e, al netto di una fisiologica conflittualità, ognuno si fa sostanzialmente i fatti suoi. Questo nei piani alti della politica e della discussione progettuale.
Poi c’è una specie di vasto pianoterra il cui centro era una volta via Atenea e che ormai sono i caffè e i locali sparsi per un territorio da metropoli, che si estende da Aragona a Porto Empedocle a Villaggio Mosè quasi senza soluzione di continuità. E’ un’Agorà dispersa che riproduce la sua frantumazione sulla rete: affollata, vociante, babelica, ma unanimemente persuasa che quelli dei piani alti sono o lestofanti o chiacchieroni.
Da cittadino mi capita di salire e scendere le scale del Condominio, anche se di solito frequento il pianoterra. E da qui, dalla sua rumorosa e inconcludente chiacchiera, vorrei dire come la penso su quello che succede nei piani alti.
Intanto i nomi. Secondo me chi pensa di poter essere il miglior sindaco della città, e perciò ritiene di doversi candidare, è una persona che ha dei problemi con se stesso e con gli altri. Mi sembra infatti irragionevole pensare che non ci possano essere altri più bravi di me nello svolgere una attività istituzionale tanto complessa quanto ai più sconosciuta del tutto come quella di sindaco. Come si fa ad essere certi di poter fare bene il sindaco, e non bene ma meglio di chiunque altro? Non esistono corsi di laurea per Sindaco e ciò per le ragioni che Platone spiegava nel V secolo avanti Cristo. Non c’è scienza della politica, lo specialismo della politica è un ‘quid’ che viene attraversato da svariate competenze e discipline, fra le quali sempre più numerose quelle legate all’arte dell’apparire, della comunicazione audiovisiva.
Se poi si pensa all’enorme accresciuta complessità della città contemporanea rispetto alla polis greca, la specifica competenza e abilità del sindaco è ancora più sfuggente. Quid imponderabile nel quale ritenere di essere il migliore dovrebbe costituire un atteggiamento, proprio perché diffuso, degno dell’attenzione di sociologi, antropologi, studiosi delle cosiddette ‘scienze umane’.
E poi c’è in offerta una poltrona speciale, quella di sindaco di Agrigento. Agli amici che ritengo dei possibili candidati e che stimo dico che da cittadino mi auguro che vengano candidati ed eletti e che da amico mi auguro che ciò non accada. Il desiderio di vederli al governo della città mi sembra una mia espressione immediata di egoismo, di opportunismo. Mi sembra pressoché inevitabile che un sindaco si becchi una denuncia, che crolli una casa, un palazzo e si trovi nei guai, che qualche mariuolo gli faccia firmare delle carte che sarebbe stato meglio leggere con maggiore attenzione. So poco di La Pira, so che è stato un grande sindaco di Firenze e che era in odore di santità. Preferisco pensare senz’altro che fosse un santo. Un altro ‘santo’ era Berlinguer che non è mai stato sindaco. Per capirlo bisognerebbe leggere le lettere che dal carcere scriveva ai familiari a venti anni. Ecco, persone così se vogliono fare il sindaco, addirittura il sindaco di questa città disastrata, si facciano avanti. Io ne conosco solo due ad Agrigento, Settimio Biondi e don Franco Montenegro, ma per ovvie ragioni nessuno dei due corre il rischio di essere candidato.
E allora da cittadino, dal pianoterra del Condominio, voglio dire ai candidati a sindaco cosa vorrei che facessero, come se fossimo al bar Gambrinus: creazione di un’area interamente pedonalizzata che da Piazza Vittorio Emanuele si estende all’intero viale della Vittoria. Un parco cittadino con la creazione di una grande area verde fra Porta di Ponte e piazza Vittorio Emanuele, piste ciclabili, mezzi elettrici pubblici di trasporto, tapis roulant come negli aeroporti per i disabili o per chi non vuole camminare. Le automobili sparite, il nastro d’asfalto pavimentato o messo a verde. Progressiva pedonalizzazione del centro storico con una contestuale offerta di mezzi alternativi di mobilità (scale mobili, taxi elettrici a tre ruote, leggeri, poco invasivi e poco costosi etc.). Metropolitane di superficie per collegare le periferie con il centro. Sistema di parcheggi fuori dalla città murata e dall’area verde. Progressiva e comunque parziale riubicazione in centro storico di uffici e servizi pubblici, delle università e delle scuole, incentivi per l’apertura in centro storico e nell’intera area pedonalizzata di piccoli servizi commerciali.
Ecco, vorrei che un candidato sindaco si proponesse di cominciare a costruire questo tipo di città. Sarebbe anche lavoro, un futuro per la città; in fondo il nostro territorio, aspettando che il tempo faccia giustizia della città in cemento, potrebbe anche ospitare grandi eventi culturali. Più per la sua antica civiltà che per la sua moderna barbarie, secondo l’impeccabile formula di Ruggero Orlando. Nei piani alti di queste cose talvolta si discute, ma più al piano degli opinionisti, degli specialisti. In quello dove si fabbricano e si distruggono le candidature c’è altro a cui pensare.

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