PRESENTATA AD AGRIGENTO LA RIVISTA SEGNO di Tano Siracusa

L'altra sera al seminario Giandomenico Vivacqua ha presentato l’ultimo numero della rivista Segno.
Presente Nino Fasullo, direttore della storica rivista palermitana che ha iniziato  le sue pubblicazioni nel 1975.
Sono rari i casi di longevità delle riviste, di solito sagomate su contesti che costituiscono la zona di passaggio dalla cronaca alla storia. Le cronache e le storie sono plurime, come i loro tempi. E quelli delle riviste sono solitamente brevi come il contesto che riflettono e cercano di orientare.
Per Segno il contesto è stato l'incontro fra le esperienze più avanzate maturate dentro la chiesa postconciliare e  l'orizzonte umanistico del marxismo da un lato e la guerra di mafia che si scatenava a Palermo negli anni '80 dall'altro. Lo stragismo mafioso, lo strabismo della classe dirigente, l'assalto allo Stato dei cortonesi, Palermo che diventa teatro insanguinato, icona mediatica, nuova metafora di uno scontro tra il bene e il male.
Quella stagione è finita. L'89 nel mondo e il '92 in Italia cambiano radicalmente lo scenario. Quel mondo e quell'Italia non ci sono più.
La rivista Segno cerca di orientarsi nel nuovo quadrante alla ricerca di nuove coordinate e punti di riferimento.
'Prima potevamo portare le persone a manifestare davanti i simboli dello scontro con i mafiosi. Oggi dove li portiamo? Davanti una banca?' ha domandato Nino Fasullo. Con l'aria di chi non ha una risposta e che la cerca anche qui ad Agrigento.
Non la troverà neppure qui o la troverà anche qui, fra i vecchi amici che quindici anni fa hanno dato vita a Fuorivista, magari con qualche innesto di trentenni, magari con una preliminare esperienza on line.
Ma la troverà solo se si avrà la voglia e il coraggio non tanto di 'spiegare' cosa sta succedendo ma più umilmente di raccontarlo.
Basta uscire di casa e guardarsi attorno. La città è piena di persone che vengono da altri continenti. La maggior parte sono giovani. E' un mondo, è il futuro, sconosciuto e forse per questo minaccioso per molti. E poi ci sono queste piogge tropicali e durante l’anno fa più caldo, fa sempre più caldo. E il confine fra il mondo reale e quello delle immagini è sempre più incerto, confuso. E in sala, alla presentazione della rivista, non c'era un trentenne. Sono tutti via, lontani dalla Sicilia, alcuni dall'Italia.
Si vede, si percepisce questo uscendo per strada, guardandosi attorno. Cose nuove, che non si capiscono perché non si conoscono, che mettono paura perché non si conoscono, e non si vogliono conoscere perché mettono paura.
Forse una rivista può avere come traguardo quello di far diminuire un po’ la paura, di conoscere e far conoscere, di raccontare questi nuovi scenari.
Io credo che le  piazze non sono migliori se vengono riempite da gente incazzata o affranta, ma se diventano luoghi di incontro, di comunicazione sociale. E qualcosa una rivista in questo senso può continuare a fare.
Le coordinate e i punti di riferimento si aggiustano durante la navigazione: era presente anche il comandante Vittorio Alessandro, che scriveva su Fuorivista, e che sa come dirigere una nave.
Come Nino Fasullo sa dirigere una rivista  che si è intrecciata con la nostra storia per più di quaranta anni. 
Non è vero che un fatto è sempre uguale a se stesso. La serata al seminario è ormai un fatto. Fra qualche mese potrebbe essere l'inizio di qualcosa, forse un coinvolgimento agrigentino nella storia di Segno, forse di un'altra rivista, oppure il ricordo di una serata piacevole anche se terribilmente fredda.
Dipenderà da chi a quel 'fatto' ha partecipato.

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