CILE. APPUNTI DA IQUIQUE DOVE I SOGNI SONO POPOLATI DA SUV MOSTRUOSI di Tano Siracusa

Se ci si vuol fare un'idea del nord del Cile, di quella parte del Cile che sta trainando un'economia nazionale con previsioni di crescita del PIL superiori al 5%, bisogna andare a Iquique, facendo magari in modo di arrivare di sera. Allora la citta' appare improvvisamente dietro una curva della strada in picchiata dall'altipiano desertico, una distesa di luci brulicante per chilometri, dalla cresta delle colline giu' fino all'oceano, dove le luci si arrampicano nelle verticalita' dei grattacieli.
La stazione degli autobus, moderna e funzionale, si trova vicino al porto e a dieci minuti a piedi dalla piazza centrale, il vecchio centro della citta' che ha conservato gran parte delle sfarzose quinte architettoniche di un secolo fa. Qui in Cile il liberty si e' esercitato soprattutto sul legno, una delle grandi risorse del paese. E in legno sono la maggior parte delle costruzioni che la circondano, i palazzi a due piani, il grande teatro, dei magnifici locali costruiti dalla comunita' croata, dove i restauri e la manutenzione restituiscono intatta la ricchezza e l'eleganza della belle e'poque latinoamericana, della sua impronta internazionale.
Ma dove il centro di Iquique mostra per intero la sua dimensione scenografica e' dove la piazza si restringe e si distende lungo il paseo Baquedano, una strada larga, diritta e pedonalizzata. Qui si affacciano soltanto costruzioni in legno, tutte in stile georgiano, costruite fra il 1820 e il 1920, alcune con la terrazza ricoperta da un tetto e senza pareti. Colonne, balaustre, archi, e colori pastello. Abitazioni che da quasi due secoli resistono all'erosione del tempo, agli incendi e negli ultimi anni all'aggressione delle grandi imprese edilizie, che hanno gia' divorato la costa e i dintorni a est della piazza, dove si affaccia la Cattedrale e si allunga il porto.
In paseo Baquedano molte delle vecchie costruzioni ospitano hotel, locali, ristoranti, spazi espositivi, qualche negozio di artigianato locale, mentre sono poche quelle ancora utilizzate come residenze private. Alcune sono abbandonate. Il nucleo storico della citta' e' destinato ad una fruizione soprattutto turistica, anche se in questa tarda primavera cilena i ristoranti che si affacciano sul marciapiedi in legno sono frequentati soprattutto dai residenti. Sulla strada scivola qualche ciclista, le coppie si abbracciano sulle panchine, i cani randagi sonnecchiano fiduciosi.
Da un lato della strada la citta' sale verso l'altipiano in un susseguirsi di vie commerciali che ai mercati tradizionali, alle rivendite destinate ai redditi piu' bassi, affiancano i moderni centri commerciali multipiano, dove si vendono dalle mutande alle motociclette e dove una folla di consumatori compra i prodotti e i simboli di un modello di vita che sembra aver ormai unificato culture e classi sociali diverse.
Altrove in Cile e' peggio: a Santiago, ad Antofagasta, la modernita' non ha cercato compromessi o sintesi con il deposito, spesso fastoso, del passato coloniale. Solo a Valparaiso, la citta' dei pittori e dei poeti, il passato e il presente si sovrappongono e si mescolano in un delirante affastellarsi di poetiche sregolatezze e dismisure.
Le differenze, quelle che costituiscono tutta la ricchezza dei luoghi, delle loro particolarita', e che hanno la loro materializzazione nella stesura architettonica dello spazio urbano, sono del tutto scomparse dall'altra parte di paseo Baquedano, dove Iquique si distende verso il porto e la costa. Qui la vecchia citta' in legno e' scomparsa: nei condomini di venti piani, nei grattacieli che i gabbiani scalano con le ali aperte, abita il sogno cileno, un sogno trainato dalle esportazioni di minerali, soprattutto il rame, di pesce, di legno e di vini, e che del passato, delle sue raffinatezze polverose, non sa che farsene. E' il sogno moderno di consumare sempre di piu', in una rivalita' mimetica che secondo alcuni sta precipitando l'umanita' in un futuro senza orizzonti, senza senso.
Il sogno e' un suv mostruoso, una specie di astronave che appare un sabato sera nella piazza centrale, a 50 metri dal teatro. Dalle sue cinque porte spalancate esce una musica da discoteca a tutto volume, che se si va a vedere proviene da un televisore incorporato nell' abitacolo spaziale. Gli abitanti di Iquique si piazzano davanti il sogno e scattano le foto ricordo.
Un padre cinquantenne strattona un po' i due figli adolescenti perche' si mettano in posa. Dietro di loro, invisibile alle loro spalle, un uomo e' steso su un'aiuola, immobile, il corpo abbandonato. Potrebbe essere morto ma e' solo ubriaco. Nessuno gli fa caso, tutti abbagliati dal supersuv che fa da quinta meglio del Colosseo alle foto ricordo. E' quello il sogno moderno, e solo un ubriaco puo' sognarne uno diverso.
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