MINORI MIGRANTI A PORTO EMPEDOCLE: PICCOLA STORIA IGNOBILE di Pepi Burgio

Sono ormai trascorsi diversi anni da quando, durante un talk show di successo, Carmelo Bene, solo contro tutti, gridava ai giornalisti presenti al Teatro Parioli, una verità tanto scontata quanto misconosciuta: spesso le notizie che gli organi di stampa propongono, informano i fatti piuttosto che informare sui fatti. Ovvero, di frequente, i giornali apparecchiano, lavorano, danno forma alla realtà, cucinandola secondo modalità attinte alla sciattezza, alla superficialità, al paraculismo, o, ed è la tendenza forse più irritante, a qualche adolescenziale velleità letteraria mai del tutto sopita. Forse esagero, eppure un filosofo tedesco già nell’‘800 paragonava sarcasticamente la solidità e la robustezza del prodotto del lavoro del giornalista a quello di uno stuccatore. “La stampa - diceva ancora - è il rumore permanente del nulla”. O forse non esagero se penso a come media e istituzioni hanno descritto con fantasia iperbolica l’avventura dei 44 minori non accompagnati di Porto Empedocle. Un lettore, fai conto della provincia di Ragusa, dai resoconti forniti dai vari organi di informazione, avrebbe potuto rappresentarsi la situazione dell’ordine pubblico della cittadina in qualche modo simile a quella che ha anticipato i moti di Reggio Calabria al tempo del boia chi molla.

Qualcuno, se davvero esiste un dio non tiepido, come dice padre Paneloux, dovrà un giorno rendere conto dei motivi che l’hanno indotto a strepitare al lupo al lupo e a definire incandescente e responsabile di una mazzata al commercio, lo svolgersi dell’accaldato trambusto, stile balneare, di ordinarie giornate di mezza estate. E ora che i migranti sono stati spostati altrove e autorevoli personalità vicine e lontane continuano a tacere, non ci resta che smaltire l’amarezza accumulata per questa ennesima piccola storia ignobile. Coraggio però. Perfino Camus, nel concludere La peste ha scritto che “ci sono negli uomini più cose da ammirare che cose da disprezzare”. Sarà.

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