I MIEI TRE INCONTRI CON BIAGIO CONTE di Tano Siracusa

Ho incontrato tre volte Biagio Conte. La prima volta nove anni fa, in occasione della Giornata delle creature organizzata da Daniele Moretto, su una barca ormeggiata alla Cala di Palermo. Aveva le stampelle e un sorriso luminoso come gli occhi chiari, cerulei. 

Il colore era diverso, gli occhi erano pozzi neri e lucenti, ma lo stesso sorriso, quella luminosità nello sguardo li avevo osservati solo in India, sui volti di tanti miserabili, proprietari soltanto di ciò che indossavano, il perizoma e qualche collana colorata.

La seconda volta l’ho incontrato davanti la missione di via Archirafi, sul camper di Daniele Moretto, quattro anni fa. E di quell’incontro ho una clip di due minuti montata nel video che accompagna questa nota. Non aveva più le stampelle. Era andato a Lourdes, al santuario, da dove era tornato senza le stampelle, guarito. Di quella guarigione, di cui si occuparono i media nazionali, che io sappia non ha mai parlato.

La terza volta è stato ieri, domenica, gennaio 2018, sotto il colonnato delle Poste di Palermo, dove Biagio Conte era al quarto giorno di digiuno. Attorno a lui una decina di persone, qualche telecamera, amici, volontari delle sue comunità dove vengono ospitate più di mille persone.

Il sorriso, lo sguardo sono gli stessi, come la forza interiore che ancora lo sostiene. La voce è invece stanca e il rumore del traffico spesso la sovrasta. 

Racconta di essere tornato molto preoccupato e addolorato dal viaggio fatto questa estate nel Nord dell’Italia, per la povertà vista, la quantità di gente che non ha una casa, che vive per strada, in Lombardia, in Piemonte come qui a Palermo, in Sicilia. Per la tendenza a chiudersi che ha notato in giro, a respingere chi ha bisogno. E tuttavia Biagio Conte è qui, di nuovo a dormire per strada, proprio perché continua ad avere speranza e a pregare.

Sono venuti a trovarlo migliaia di persone, anche qualche politico. Il Presidente della Regione ha annunciato una sua visita.

Speriamo che prenda qualche impegno e che Biagio interrompa il digiuno e ritorni in missione, dice Luciano, missionario laico, mostrandoci più tardi le strutture di una delle comunità a cento metri da via Oreto, un insieme di fabbricati dismessi e in rovina venti anni fa e che il lavoro volontario e le donazioni hanno trasformato in un’ isola di protezione per più di settecento senza casa, stranieri la maggior parte, provenienti da tutti i continenti, ma in numero crescente anche palermitani. Questa comunità, come quella di via Archirafi o l’altra che ospita le donne e i bambini in via Garibaldi, sono state originate dalla decisione di Biagio Conte, agli inizi degli anni ’90, di condividere la strada e lo sradicamento degli ultimi per costruire dal nulla una casa comune, per offrire una speranza. E poi sono il risultato delle proteste non violente, di digiuni, come quello di questi giorni, delle occupazioni di strutture abbandonate, del lavoro di quel centinaio di volontari che lo sostiene.

Il miracolo è questo, dice Luciano mostrando i silos, il forno dove producono il pane per tutti gli ospiti, i panni stesi sui muretti, gli uomini che si muovono fra i fabbricati rimessi a nuovo in una bolla di silenzio, di spazio separato e protetto accanto al frastuono di via Oreto, e poi la chiesa, i cui affreschi, bassorilievi e mosaici sono stati creati da tre ospiti musulmani.

Biagio Conte è solo un testimone di Dio, della sua Provvidenza, dice Luciano, che faceva l’imprenditore ed oggi a tempo pieno si occupa della comunità.

Biagio Conte, è oggi - lunedì - al quinto giorno di digiuno e passa la notte sotto il colonnato delle Poste perché nei locali della missione non si sentiva tranquillo, non riusciva a dormire: pochi giorni fa è morto in ospedale un uomo che loro avevano raccolto dalla strada, ammalato e solo. Da allora Biagio Conte non riusciva a dormire. Qui un po’ riesce a farlo.

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