COME L'AMERICA di Tano Siracusa

Chi ama la pittura frequenta con curiosità gli studi dei pittori. E’ in quegli spazi spesso angusti, costipati di opere, che prende forma il percorso di un artista, prima e dopo le cristallizzazioni segnate dalle mostre più importanti e dai cataloghi, nelle particolarità delle procedure creative sempre diverse, nei percorsi interrotti e ripresi, nelle svolte e nei ripensamenti, nel ritorno delle ossessioni visive e negli scambi con altri artisti, negli schizzi, negli appunti. E’ come entrare nel laboratorio di uno scrittore prima che le tecnologie digitali facessero sparire le stratificazioni nella riscrittura di un testo.
Ma gli studi degli artisti sono anche luoghi di incontro e confronto,  dove a volte nascono progetti comuni, collaborazioni, si formano gruppi.

Una volta questi luoghi erano i caffè e le botteghe dei corniciai. E’ al caffè Guerbois che nasce l’impressionismo ed è nella vetrina del corniciaio père Tanguy che alla fine degli anni ’80 a Parigi cominciavano a venire apprezzati i lavori di Van Gogh e Cezanne, poco prima che l’olandese morisse e troppo tardi perché il provenzale potesse ancora entusiasmarsi per il successo.
Altri tempi e altri luoghi, ma la frequentazione reciproca è per gli artisti una necessità imposta non dalle particolari convenzioni sociali di un’epoca, ma dalla natura stessa della loro attività di ricerca e sperimentazione.  A Parigi centotrenta anni fa come ad Agrigento oggi, dove non esistono caffè o locali abitualmente frequentati dai pittori e neppure corniciai-galleristi, a parte la coraggiosa esperienza di Francesco Siracusa.
Qui le Fabbriche Chiaramontane hanno chiuso, come lo spazio di Nello Basile, mentre si è dissolta l’esperienza del gruppo  Artificio. Un panorama incongruo per una città che si candida a capitale della cultura e dove i pittori, gli artisti dell'immagine lavorano, producono, confrontandosi con un mercato impalpabile, sempre più reale sul web che nei tradizionali circuiti espositivi.

Così ci si incontra a Realmonte, ad Aragona, a Sutera, negli studi di Giovanni Proietto, Pippo Rizzo e Juan Esperanza.
Con o senza mercato, in assenza di pubblico e di collezionisti, ma continuando a discutere e confrontarsi, osservando il lavoro degli altri, approvando, criticando, suggerendo e ricevendo informazioni, cazzeggiando e litigando, per seguire poi ciascuno la propria ricerca personale in un contesto che non è solo nazionale e internazionale, ma anche territoriale.
La perifericià di Agrigento rispetto ai circuiti espositivi nazionali e la rarefazione del mercato locale non coincidono infatti con la marginalità delle ricerche artistiche che vi si conducono. Al contrario, la periferia, la sua ‘distanza’ territoriale, ovviamente se ‘connessa’ alla rete, può a volte favorire percorsi originali, autenticamente meno allineati alle tendenze e alle mode del mercato.

Domenica sera, assieme ad altri amici, Proietto, Esperanza e Rizzo si sono incontrati nello studio di quest’ultimo, che mostrava il suo ultimo dipinto. C’erano, fra gli altri Angelo Pitrone e Silvie Clavel, un fotografo e una scultrice tessile.
Un non-evento questa serata, come altri incontri presso lo studio di Giovanni o quello di Juan, normali serate fra artisti che però più di tanti vernissage danno la misura della vitalità e della forza che alimentano  molte biografie artistiche del territorio. Lontano dall’ufficialità, dai riflettori e dalle meditate parole di curatori e assessori.

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