LA NOSTRA AGRIGENTO COLTA E ACCOGLIENTE di Lillo Firetto

Il tema della cultura dell'accoglienza è un tema particolarmente caro ed è stato e rimane uno dei pilastri del programma di celebrazioni dei nostri 2600 anni di storia. E' uno dei motivi che ci distingue da sempre e che ci ha reso un simbolo nel Mediterraneo: è stato uno dei nostri punti di forza nella candidatura e resterà un punto fermo nel cammino che abbiamo intrapreso e che ci porterà al 2020. Ricordiamo le parole di Papa Francesco il 4 febbraio scorso, nel giorno prima dell'audizione: "Grazie, grazie Agrigento per quello che fate". Allo stesso modo è importante per noi il tema dell'Accoglienza della Cultura: una

Cultura accessibile a tutti, nessuno escluso.

E' su questo che si basa il nostro impegno quotidiano ed è uno dei limiti sostanziali del sistema dell'offerta culturale che dal mondo dell'associazionismo viene evidenziato: le iniziative sono tante e anche di notevole qualità ma spesso sembrano destinati a pochi eletti. Il lavoro e l'impegno per la Cultura sia utile al numero più ampio di persone. A questo serve anche la rete, a questo deve lavorare la Consulta delle Associazioni, a tutto questo abbiamo deciso di lavorare insieme alle associazioni del territorio. 
Penso anche ai nuovi itinerari nel centro storico di Girgenti, ai nuovi contenitori museali (dal nuovo museo civico alla rinnovata Galleria dell'ex collegio dei Filippini, al Museo della Città; dal complesso monumentale di Santo Spirito ai centri ricettivi e culturali recuperati grazie ad Agenda Urbana) e alle mostre itineranti tra il Parco e la città, come quella di Favre, nella nuova prospettiva che include la città nelle iniziative culturali più importanti.

Ma tornando al tema della cultura dell'accoglienza, mi preme considerare alcuni aspetti che ci consentono di essere riconosciuti in Italia e all'estero e non solo riguardo al tema delle migrazioni, ove la Caritas svolge un ruolo primario, assieme ad altri organismi, ma rispetto ad una caratteristica che ci portiamo dentro, o nel dna come ebbe a dire Camilleri in una recente intervista che abbiamo voluto presentare al Mibact. 

Camilleri ricorda la generosità di Tellia, più comunemente conosciuto come Gellia, che nell'antica Akragas era solito accogliere tutti i forestieri, e che una volta fu capace di offrire ospitalità a 250 cavalieri, rifocillandoli e dando loro non solo un riparo, ma anche abiti asciutti, perché erano stati colti di sorpresa da un temporale. Bene, questa attitudine che ci fa vedere lo straniero come un benvenuto non è solo una qualità legata al mito o alla leggenda, ma è documentata, ed è testimoniata dalla storia della città in diversi momenti. Perfino nella storia contemporanea e in quella relativamente recente.

Abbiamo concluso da pochissimo il 73° mandorlo in fiore. Quel che accade ogni anno per questa festa ha una connotazione davvero straordinaria e forse tanti di noi sono talmente abituati alla festa che non riescono a riconoscerne il valore, è quel valore che invece stupisce chi da fuori viene ad assistere per la prima volta alla kermesse. 
Si svolge in un luogo splendido come la Valle dei Templi e davanti ad un simbolo non delocalizzabile quale il Tempio della Concordia: è qui che ogni anno in pace si incontrano popoli di tutta la terra. Il mandorlo in fiore tuttavia lancerebbe solo un retorico messaggio di armonia e fratellanza se si limitasse a fotografare dei simboli: l'accensione del tripode dell'amicizia, la fiaccolata dell'amicizia, la sfilata dei gruppi lungo il decumano o lungo le vie del centro, e lo spettacolo finale nella Valle con la consegna del tempio d'oro. Invece, quel che ogni anno si materializza ad Agrigento è l'esempio concreto di come persone di ogni parte del mondo riescano a dialogare, riescano non solo a condividere la festa, ma a a convivere, a trascorrere momenti insieme, a conoscersi, a diventare amici. 
Sono quelle le immagini che restano impresse nella memoria.
 Quel che non riescono a fare i grandi della terra qui tanti giovani riescono a realizzarlo con spontaneità e semplicità. Mi piace credere che ciò sia possibile perché avviene ad Agrigento, dove condizioni particolari di compartecipazione riescono a creare i presupposti perché tutti si sentano accolti e non stranieri. Due esempi. Qui l'anno scorso Israeliani e palestinesi hanno lanciato in aria le colombe della pace ed hanno danzato insieme, vincendo anche resistenze giustificate. Si sono riconosciuti giovani e con la voglia di trovare un modo per esprimere il loro desiderio di superare steccati e, laddove è impossibile dimenticare, almeno compiere un gesto di speranza.

Qui, quest'anno e per la prima volta, si sono sperimentati dei laboratori di danza, in cui ogni gruppo insegnava una danza tipica agli altri componenti dei gruppi. Questo ha determinato che in un clima festoso e di amicizia i ragazzi della Georgia si cimentassero nei passi di danza indiana o che i lituani danzassero la tarantella. E' stata un'esperienza esaltante e carica di emozioni non solo per chi l'ha vissuta ma per chi assisteva a questo scambio.

"L'accoglienza della Cultura - La Cultura dell'accoglienza" ha registrato  momenti commoventi, strette di mano, scambi di doni, consegna delle bandiere. Al museo archeologico Pietro Griffo i minori stranieri non accompagnati e i ragazzi delle scuole agrigentine, hanno ritrovato le radici comuni, quelle del Mediterraneo: utensili di uso quotidiano ma anche sculture che riproducono volti come quelli dell'africano, del siriano, dell'orientale, dell'italico e del greco, tutti rinvenuti nella stessa stipe votiva, e ciò dimostra  che queste genti, in questo luogo, nell'antica Akràgas, già 2600 anni fa, condividevano uguali momenti celebrativi e vivevano insieme nella città antica. 
Queste considerazioni generano due riflessioni. 
1. Come abbiamo sostenuto davanti alla Commissione di Capitale Cultura, Agrigento deve essere sede della Conferenza internazionale permanente sulle Migrazioni, ed è un percorso che abbiamo già avviato con Coopculture e con la Caritas. 
2. Agrigento merita una ribalta ben più ampia che quella tradizionale del Mandorlo in Fiore per veicolare questi contenuti. Agrigento può essere esempio internazionale in un panorama mondiale in cui alcune forze tendono a dividere più che a unire.
L'accoglienza di chi è diverso di chi è straniero qui non è un concetto astratto e ciò è sempre più evidente a chi vive quest'esperienza. Credo realmente che Agrigento sia città dell'accoglienza e che possa non soltanto sostenere i temi della cultura dell'accoglienza in modo del tutto singolare, rispetto ad altre realtà, ma anche i temi dell'accoglienza della cultura, in cui possiamo e dovremo essere leader coltivando quei principi che ci hanno portato a candidarci a capitale e cioè il senso per cui qui e non altrove la cultura può determinare il cambiamento; qui e non altrove il riscatto deve avvenire attraverso una cultura che include, che accoglie, che partecipa, che celebra l'accessibilità nei suoi più alti principi.  

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