MILLE SCATTI D'AUTORE di Sandra Scicolone

Un progetto per esporre una selezione di foto di Agrigento
scattate tra gli anni 1950 e 1970 da Giuseppe Arena

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Nei primi anni Cinquanta la vita riprende anche ad Agrigento. Il secondo conflitto mondiale ha segnato la città, gli uomini, le donne, ma ritornano nella loro rassicurante ripetitività i riti del quotidiano. Si rinnovano anche le scadenze che segnano le vite degli individui: matrimoni, battesimi, feste familiari. Sono nozze e prime comunioni festeggiate con dolci e liquori negli oratori delle chiese, abiti semplici e dignitosi, immagini di gruppo con donne che dimostrano dieci, venti anni di più della loro reale età e con visi non ancora abituati ai meccanismi comportamentali richiesti dalla fotografia.
In quegli anni ad Agrigento chi sa usare la macchina fotografica ha un mestiere per le mani, un buon lavoro che però ti ruba alla famiglia perché ogni sabato e domenica c’è un cliente che rivendica il suo diritto ad immortalare neonati, sposi e parenti. Giuseppe Arena è uno di quei pochi giovani che intuisce la potenzialità della fotografia in termini professionali e per venticinque, trenta anni lavorerà in città e nella provincia con la concorrenza di pochi altri colleghi. Ognuno ha il suo studio, la sua saletta di posa, la sua camera oscura, niente di elettronico, anni luce dalla stampa rapida delle pellicole. Di fatto è quasi un regime di monopolio. Ecco perché non c’è abitante della città che non abbia nei suoi album di famiglia almeno qualche foto con stampigliato sul retro “Foto Arena”. Ed è così, come fotografo di riti familiari, che è noto il signor Giuseppe Arena, che diventerà pure Cavaliere del Lavoro.
Poche persone, l’entourage familiare e amicale, sanno che il suo obiettivo non punta solo su neonati e spose in metri di tulle. Sanno che lavora per la cronaca giornalistica, nera e sportiva (il suo nome è ancora oggi associato all’Akragas, la squadra della città, di cui era il fotografo ufficiale per conto dei maggiori quotidiani dell’isola). Sanno pure che talvolta lascia il negozio in compagnia di una Canon o di una Ricoh. Fotografa la città, le sue ferite, i suoi mutamenti, i suoi volti. Ma in vetrina stanno i ritratti dei clienti o le immagini dei giocatori. Il negozio chiuderà poco meno di due anni dopo la sua prematura scomparsa, agli inizi degli anni Ottanta. La moglie e i figli ne conservano le attrezzature ed una mole di foto e negativi, alcuni dei quali in pessima condizione per l’umidità dello studio.
Da qualche mese, però, un gruppo di esperti, con l’importante collaborazione di Maurizio Arena, il figlio minore, e della vedova, la signora Abbate, hanno deciso di lavorare sull’archivio meno noto di Giuseppe Arena. Operazione lunga, faticosa, che sta però restituendo del fotografo e della città un’immagine inedita, che si pensava perduta. Si tratta di un migliaio di negativi, una parte dei quali destinata a confluire in una mostra, sostenuta dal Centro Pasolini, che si terrà nei prossimi mesi. Il lavoro di selezione del materiale si concentra sul ventennio compreso tra il 1950 ed il 1970, con foto in bianco e nero che ricostruiscono il percorso di cambiamento urbanistico e sociale di Agrigento. Il taglio della mostra sarà quello di un reportage perché lo sguardo del fotografo si è saputo fermare sulla soglia del puro documento.