OCCHIO AL PRESIDENTE FINI E A GRANATA di Giovanni di Girgenti*

*Suddovest aveva visto bene. Il 14 ottobre dello scorso anno pubblicava questo pezzo che riproponiamo.

Occhio al presidente Fini. Ho l'impressione che dalla presidenza di Montecitorio arriveranno molte iniziative spiazzanti. Alcune le abbiamo già viste: è stato lui a bloccare la nuova legge elettorale europea di Berlusconi, è stato lui a commentare positivamente la manifestazione al circo Massimo del PD, lui a criticare il ricorso alla fiducia sulla Finanziaria, a fare un convegno insieme a D'Alema sul federalismo fiscale. E tutto ciò mentre il leader della coalizione della quale Fini fa parte, brucia ogni possibile ponte di discussione e di confronto con l'opposizione.

Siamo davanti a semplici dispettucci, a tatticismi tutti interni alla coalizione di destra e dunque funzionali alla lotta per la futura leadership per il dopo Berlusconi o a qualcosa di diverso e più significativo?
Fini da tempo non vuole farsi schiacciare sul versante destro dello schieramento politico. Quello gli sembra occupato saldamente da certo leghismo e dai suoi ex sodali di partito più o meno usciti da AN. Sa che una sua identificazione semplicemente postfascista lo relegherebbe al ruolo subalterno degli ultimi anni con la prospettiva di un sicuro passaggio del comando da Berlusconi ad altro esponente di Forza Italia ( Letta, Tremonti, Formigoni e simili).
Di qui la rottura dell'altro ieri con gli Storace, quella di ieri con Alemanno e La Russa sul tema dell'antifascismo e lo smarcamento continuo da Berlusconi.
Dunque non dispettucci ma valutazioni di prospettiva politica. Non solo: Fini ha conosciuto sulla sua pelle la potenza devastante del predominio di Berlusconi nei media e non credo che la carica istituzionale ottenuta gli abbia fatto sanare del tutto le profonde ferite subite con le aggressioni quotidiane televisive e giornalistiche nel breve momento della sua contrapposizione a Berlusconi all'indomani dell'approvazione dell'ultima finanziaria del governo Prodi.
(Di passaggio mi piacerebbe sapere perché mai Veltroni in quei giorni nei quali Berlusconi sembrava in un angolo, con Fini e Casini assai distanti da lui, abbia escluso un asse di dialogo con loro privilegiando ancora una volta Berlusconi. E' stato un errore tattico o una scelta strategica?)
Dicevamo di Fini al tempo delle 'comiche finali', di quando bollava con questi termini l'ipotesi del Popolo della Libertà.
Poi sappiamo come è andata la vicenda: Fini si trasformò nella 'valletta' ( il termine fu coniato dalla Santanchè) di Berlusconi per tutta la campagna elettorale. Si è trattato dell'effetto di una sua debolezza strutturale di carattere, di una sua subalternità politica inevitabile o di un calcolo cinico in previsione di un passaggio della staffetta tra lui e Berlusconi? Forse un po' di tutto questo.
Ma oggi la situazione sembra diversa. Il Pd tende a collocarsi al centro dello schieramento politico nazionale. Berlusconi mostra la sua inadeguatezza a gestire la fase di crisi che l'occidente sta attraversando, e che si prevede si accentuerà nei prossimi mesi, creando continue occasioni di scontro con l'opposizione. Fini probabilmente scommette su una acutizzazione della crisi e sulla possibilità ( necessità) di una convergenza al centro delle forze più responsabili in difesa degli interessi nazionali. Berlusconi non potrà candidarsi a gestire tale fase e Fini potrebbe esserne l'erede naturale con un patto col Pd o parti significative di esso. Punti di forza di tale progetto sono il presidente Napolitano, col quale, è cosa nota, Fini ha un rapporto di costante ascolto, la disponibilità di parti significative del Pd. Punti deboli? I luogotenenti di Fini che avrebbero tutto da perdere in tale prospettiva. Fini confida in una nuova leva di dirigenti di origine aennina del calibro di Fabio Granata, un siciliano da tenere d'occhio che quando fu al governo della Sicilia spesso stupì per il suo senso dello stato e per la sua sensibilità sui temi culturali e ambientali.
 
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