IL ''CASO ELUANA'' IN UNA PARROCCHIA DI PALERMO di Isabella Mezza

Don Cosimo Scordato e la sua comunità si affidano ad un referendum e non hanno paura di confrontarsi con la vita (e la morte)

Palermo. Quartiere Albergheria. Forse gli Arabi fecero qui i primi insediamenti sull'isola. Le strade ora, la domenica, sono coperte da banchi, da cose per terra, da passi di gente che le percorre, che vi sosta. Asiatici e nordafricani si uniscono e a volte si confondono con i locali. Albergheria: un quartiere multietnico al centro di Palermo. Alla fine o all'inizio di una delle strade, affacciata su una breve piazza, una Chiesa, quella di San Francesco Saverio. Barocca, scrostata, con alcuni decori roccocò. Sette gradini per arrivare all'entrata, dove qualcuno porge ai fedeli un foglio. La chiesa e' stracolma. C'e' gente che attraversa la città per assistere alla funzione domenicale. Quasi al centro della pianta a croce greca, don Cosimo Scordato celebra la messa delle 11,30. ''E' stata una settimana agitata questa - così comincia - vivacizzata da improprie polemiche politiche sulla opportunità o meno di sospendere le pratiche per mantenere in vita Eluana Englaro. E noi in mezzo''. Noi chi? Noi tutti. Noi che assistiamo alla farsa delle certezze. Parole dirette, pacate, espresse da un ''presbitero'' sulla cinquantina, che sull'abito bianco della funzione indossa una stola messicana, con i colori della Pace. I fedeli riempiono le panche, sono accalcati, in piedi. Lo ascoltano in silenzio. Tra le mani hanno il foglio che hanno preso all'entrata. In alto c'è scritto: ''A proposito di testamento biologico''. Stampato fitto sulle due facciate, dove il problema viene spiegato, ma certo non risolto. Alla fine un quesito: Ritieni che ognuno, nella previsione di incapacità di intendere e di volere e comunque di comunicare il proprio intendimento a seguito di malattia irreversibile, possa disporre preventivamente a quali trattamenti terapeutici essere sottoposto o possa rifiutarli? Più in basso, due caselle con il sì e con il no. Previsto anche un non lo so. L'assemblea della Comunità di San Francesco Saverio è chiamata a rispondere. Ha una settimana di tempo per riflettere, perché l'argomento è delicato, è necessario farlo proprio. Non rimuoverlo, ma affrontarlo. Non è la prima volta che la Comunità viene invitata ad esprimersi. E' accaduto a proposito del celibato dei preti, delle opportunità delle donne nella chiesa, sulla libertà di voto, sull'omosessualità, sull'introduzione del reato di immigrazione clandestina. Sui problemi della contemporaneità. Perché la Chiesa voluta da don Cosimo non ha paura di confrontarsi con la storia. Anzi, essere al mondo per lui significa assumerne le istanze, farne parte. Una teologia coniugata con la vita umana, questa l'aspirazione. Gli sembra interessante l'attuale attenzione all'aspetto drammatico della fine della vita. Il tema della morte, fino a poco fa, doveva rimanere ai margini della riflessione umana, doveva venire rimosso. E invece no. La cronaca dei nostri giorni impone una riflessione. ''In questo mutato contesto, parlare di testamento, o più precisamente di indicazione preventive della disponibilità alle cure è segno di saggezza; è opportuno scegliere non soltanto come vivere, ma anche come morire''. La funzione religiosa continua nella sua ritualità. La parola di don Cosimo è sempre pronta a tornare al tema del giorno. Testamento biologico, coscienza del limite, ruolo della Chiesa, ma anche e soprattutto PadreNostro e  Credo, nella certezza che non ci possa essere contraddizione. La Messa è finita. Il Sacerdote, o meglio il Presbitero, come ama definirsi, saluta i fedeli. L'appuntamento è per domenica prossima, alla funzione delle 11,30. Si procederà poi allo spoglio delle schede. Conosceremo allora la scelta della Comunità di San Francesco Saverio, a Palermo.

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