"BRUNO, IO VORREI CHE TU NANA' ED IO..." CARUSO, SCIASCIA E GUTTUSO A ROMA* di Giovanni Taglialavoro

“Così andavano le cose in quel tempo spensierato: comunque nessuno si divertì mai tanto di fronte a queste situazioni, come se fosse a teatro, come il buon Leonardo che pure di Guttuso era molto amico.”
BRUNO CARUSO
 
Porta in mano una guantera di dolcetti. Ha l’aria assorta, si ferma davanti alle vetrine di un antiquario con la sigaretta tra le labbra stirate ad un sorriso contenuto.
Viene ormai spesso a Roma da quando vive di scrittura e i suoi passi tra i vicoli inseguono le immagini della capitale descritte da Pirandello nelle sue novelle.
In quell'angolo lì, lasciata via Frattina, si aggirava Milla Donnetti, la nipote del maestro Rigucci, in compagnia del vecchio Icilio Saporini finalmente vittorioso sulle insolenze del tedesco Begler!
“Ma qual era il titolo della novella? ‘Marsina stretta’? Ma no! Quella racconta del professor Gori, tutta un’altra storia. Icilio Saporini era un vecchio patriota romano fuggito in America dopo la sconfitta della Repubblica Romana e ritornato ottantenne nella sua città, rincorso dai fantasmi del suo passato e della sua Margherita. ‘Musica vecchia’: ecco il titolo della novella!”
“La casa di Margherita era in via del Governo Vecchio, ci dovrò andare qualche volta, lo proporrò a Bruno” dice quasi a voce alta Leonardo Sciascia.
Eccolo in via Mario de' Fiori davanti all'ingresso dello studio di Bruno Caruso. Bussa.
Il padrone di casa, lo riconosce subito dal particolare timbro che il suo dito dà alla suoneria.Va ad aprire.
“Chi si dici, Nanà?”
“Non c’è male, Bruno”
Abbracci. Tra i due si avvia un intenso colloquio di silenzio, di ammiccamenti e di sospiri. Solo dopo alcuni minuti Sciascia azzarda:
“ Prima di venire da te, sono passato dal Caffè Greco e ho visto De Chirico…l’ho salutato, col dovuto riguardo: mi ha riconosciuto, ma non ha detto una parola”
“ Che vuoi, è un metafisico, è di un’altra generazione, non ha mai nulla da dirci. Mi ricordo una volta a Palermo il nostro amico Mario Farinella lo intervistò e gli chiese cosa pensasse di Renato Guttuso: lo guardò impassibile e poi con lentezza si aprì ad una rivelazione: ‘ Lo conosco’!’ Prima che lo dimentico, tra poco arriva Luigi, preparati ai suoi strapazzamenti”.
Luigi è un tenore assai famoso in America negli anni cinquanta che vive ormai a Roma, sposato all’attrice Sarah Ferrati. Una mole gigantesca di 120 chili, una voce stentoria , e modi generosamente irruenti soprattutto verso Nanà che era stato suo compagno di classe da piccolo: ‘ Tutto quello che hai scritto su Racalmuto, te l’ho raccontato io a scuola’, gli ripeteva abbracciandolo e baciandolo. E Sciascia, complice paziente, gli sorrideva.
Suonano alla porta: è Teresa, la donna del colonnello.
“Ciao Bruno, ho preso i rigatoni e le melanzane, in quanti sarete oggi?”.
“ Ma no! Non dovevi disturbarti… non lo so in quanti verranno… conosci i miei amici, arrivano senza preavviso e danno qui nel mio studio i loro appuntamenti. Comunque Nanà e Luigi ci saranno sicuramente. Forse verrà Pino Maccari e Cesare Terranova. Prepara per sei o sette.”
“ Buongiorno professore, che dolcetti ha portato questa volta dalla Sicilia?”
“ Ho portato un cuscus dolce, una rarità assoluta. L’ho preso al monastero di Santo Spirito di Agrigento. E’ fatto da un impasto grumoso di pistacchio e cioccolato. Non esiste in nessuna altra parte del mondo. Dicono che nel duecento, quando la Marchisia Prefoglio viveva ancora nel suo Steri, prima che lo cedesse alla monache per farne un monastero, avesse con sé un servo berbero che cedette alle monache insieme all’edificio. E nell’atto di donazione, vergato dalla Prefoglio, si fa puntuale riferimento al servo, a favore del quale chiede un solenne impegno alla Badessa. Forse è da lì che nacque il cuscus dolce.”
Teresa ascolta rapita questa storia, sospira, tossisce, tossisce sempre più nervosamente, piomba commossa su una sedia: pensa al suo colonnello che dopo vent’anni di convivenza, continua a rifiutare persino l’idea di un matrimonio. E' ormai il tema fisso delle sue incursioni nello studio di Bruno.
“ Dai Teresa, vedrai che anche per te le cose si aggiusteranno!” le sussurra Bruno e la donna riprende il sacchetto della spesa e si ritira in cucina.
“Nanà non ti ho ancora detto del colonnello. L’altro giorno Teresa ha avuto una crisi simile e mi ha chiesto di intervenire su di lui. L’ho fatto, l’ho chiamato a telefono e, con tutto il garbo necessario, l’ho sollecitato a regolarizzare il suo rapporto. Sai cosa mi ha detto? ‘ Professore mio, lei è siciliano come me, ma come vuole che io sposi una donna che da vent’anni convive con un uomo senza essere sposata?”
“ Una vera volgarità” sbotta Sciascia sentendo la battuta del colonnello.
Dalla strada intanto arriva una voce : “ Bruno, Bruno, apri!”
E’ Renato Guttuso, trafelato come sempre. Bruno dalla finestra lo vede con le mani occupate a reggere pacchi e pacchettini. Saranno per la sua Marta.
“Ti apro, vieni”.
Bruno va verso il citofono a premere il pulsante del portone di ingresso e ammicca a Nanà che si prepara a gustare l’ennesima rappresentazione della pochade ‘Marta, Mimise ed Io’ che Guttuso da alcuni mesi mette in scena tra via Mario de’ Fiori, via Condotti e Passeggiata di Ripetta.
“ Scusami Bruno, debbo fare subito una telefonata” dice di volata saltando il salone di ingresso e puntando dritto allo studio di fronte all’ingresso. Solo davanti alla porta dello studio vede Sciascia, ha come un soprassalto, ma non dice nulla e con un gesto della mano rinvia a dopo i saluti alludendo col mento alzato e gli occhi all’insù ad una questione urgentissima.
Qui nello studio di Caruso, poteva parlare con sicurezza alla sua Marta, concordare con lei gli appuntamenti quotidiani al centro, soprattutto al Caffè Greco. Qui con l’aiuto degli amici siciliani tentava di sfuggire agli occhiuti controlli di Mimise che ormai aveva scoperto la cosa e lo pedinava discretamente a distanza.
Chiuso il telefono scatta il piano, già altre volte collaudato: Daniela, la segretaria di Caruso, si affaccia alla finestra su via Frattina, mentre Guttuso scruta il terreno da via Mario de’ Fiori verso via Condotti. Mimise non c’è, o non si vede, né qualche sua amica chiamata alla vigilanza. Guttuso si ricorda di Sciascia, lascia la finestra, allunga le braccia verso il suo amico scrittore:
“Nanà perdonami, se non ti ho salutato prima come si deve. Sono in mezzo ai guai più neri. Ancora, come vedi, non riesco a trovare una soluzione decente ai miei affetti”. Sciascia non dice una parola, accenna ad un sorriso con le labbra strette e girate da un lato, con le braccia coperte da una bianca camicia e la giacca sulle spalle.
“ Ti dovevo chiamare giorni fa, per una cosa di Palermo, ma poi non ho avuto tempo. Adesso mi dovete aiutare”
Bruno fa arrivare a Nanà un cenno di assenso e poi rivolto a Renato:
“Eccoci, siamo a tua disposizione, come sempre”
“Mi dovete aiutare a portare questo regalo per Marta. Dalla finestra mi sembra che Mimise non sia in giro, ma se mi incontrasse con in mano questo regalo che ho preso poco fa da Bulgari non saprei come giustificarlo: è un cuore d’oro massiccio inceralaccato. Ero indeciso tra questo cuore e un pacchetto di caviale russo, poi ho pensato che il cuore era meglio”
“ Già, forse più adeguato” ammise Sciascia che cominciava a trovare divertente la situazione. “ Lo prendo io il cuore”.
“Grazie Nanà, sei un amico vero. Adesso dovete andare avanti voi due e darmi il via libera agli incroci, direzione Caffè Greco”
Caruso e Sciascia, una volta in strada, avanzano con cautela estrema, scrutando ogni singola casa, a destra e a sinistra della strada, passandosi di mano in mano, come fosse una bomba pronta ad esplodere, il pacco del regalo, trattenendo a fatica la voglia di una risata liberatoria.
Guttuso segue ad una decina di passi, sudato ed emozionato, aspettando un cenno delle due avanguardie per avanzare. Poi l’improvvisa diversione: invece di acquattarsi al Caffè Greco con un fulmineo balzo prende il regalo dalle mani di Sciascia, sale sulla sua Mercedes bianca e va via. Dalla macchina con gesti significativi supplica i due amici di raggiungerlo in un posto di Passeggiata Ripetta.
Un’altra macchina pochi secondi dopo sgomma da piazza di Spagna: dentro vi sta nascosta Mimise, furiosa e altera, che previdente lo aveva seguito pur senza essere riuscita a raggiungerlo, e che ora si apprestava a cingere d’assedio la casa della rivale.
Bruno e Nanà, rimasti fuori sul terrapieno antistante la casa di Marta, non possono più entrare; fanno tuttavia ampi gesti per far comprendere come stava la situazione a chi in quel preciso momento li sta guardando dalle finestre; né meno che mai Guttuso, ormai circondato, può più uscirne. Mentre al balcone i cinque bambini di Marta cominciano a recitare, con inaudita insolenza, il ritornello: “ La moglie del vecchio pittore innamorato, la moglie del vecchio pittore innamorato” per fiaccare la resistenza di Mimise e indurla alla ritirata.
 
*liberamente ispirato al libro di Bruno Caruso
“LE GIORNATE ROMANE DI LEONARDO SCIASCIA” edizioni La Vita Felice Milano 1997

 

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