'LE NUVOLE' E L'INCANTO DI SIRACUSA di Francesco Taglialavoro

In un posto come il teatro greco di Siracusa gli attori si prendono gioco di filosofi, politici e poveri cristi o furbastri inscenando la commedia Le Nuvole di Aristofane.
Si potrebbe pensare che ne possano avere ogni ragione. Ma a Siracusa il senso della misura si percepisce, non si oltrepassa.  Come quello del sacro o del bello. Qui, in questo teatro, l’opera si tramuta, assume significati che in altri luoghi non avrebbe. Chi ne dubiti lo provi magari andando alla cavea antica solo dopo aver passeggiato per piazza Minerva ad Ortigia, lasciandosi catturare dai palazzi storici, dal cielo azzurro e dalla luce abbacinante.
Poi a sera sentire la critica aristofanea ai filosofi del 'pensatoio' potrebbe quasi apparire normale conseguenza di un pensiero e di un modo di agire coerente e libero. I filosofi non dovrebbero distaccarsi dalla vita di ogni giorno e chiudersi nelle proprie speculazioni e non dovrebbero vendere ai richiedenti soluzioni  prec onfezionate a problemi  della gente comune. Se essi vivessero insieme alla gente al loro servizio o meglio in simbiosi forse ci sarebbero addirittura meno tristezze e miserie da dover risanare.
La società ha al suo interno il più ed il meno, l'alfa e l'omega, la complessità e ciò che la risolve, ma ci sono delle leggi da dover osservare. Per non dover fare come Strepsiade e Filippide pieni di debiti per la passione dei cavalli, occorre infrenare la passione servendosi della ragione che a un certo punto rende evidente ciò che e' razionale: parliamo di numeri. I debiti e gli interessi sui debiti. E' morale spendere seguendo una passione senza accorgersi di non poter più risarcire i creditori? Su questo ed altro ci si interrogava dalla cavea di Siracusa con un effetto miracoloso, indotto dalle voci e dalla musica e dalle stelle che si illuminavano a poco a poco: una sorta di pacificazione dello  spirito, battuto dai temi attuali, che da questo incanto siracusano si rigenera.
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