Submitted by redazione on Thu, 20/04/2017 - 10:18
Caro Giandomenico, in merito al tuo scritto Che fare? Migliori del proprio tempo o del proprio tempo i migliori?, che ho molto apprezzato, mi chiedo: ma cos’è e quale effettivamente è la nostra generazione. Ho, da sempre, avuto l’impressione, proprio per essere nato nei primi anni sessanta, di appartenere non ad una, la nostra, ma a più generazioni.
Submitted by redazione on Wed, 19/04/2017 - 17:31
L’interessante dibattito che sta prendendo forma su Suddovest, le tesi stimolanti proposte da Maurizio Iacono e Gioele Farruggia, mi spingono a chiedere ospitalità per esporre una riflessione. In verità mi sento parte in causa per aver progettato nel 1984 il Piano Particolareggiato di Montaperto e aver partecipato, nel 1972 al Concorso nazionale di Idee sul PRG di Agrigento (arrivammo secondi dietro il progetto Caronia).
Submitted by redazione on Wed, 19/04/2017 - 09:06
Caro Giandomenico,
dietro il senso di straniamento da te così abilmente descritto avverto la percezione di un fallimento che forse è ancor più profondo di quello del protagonista del romanzo di Flaubert, perché è proprio non tanto, o non soltanto, del singolo, ma di un'intera generazione; la tua appunto, quella che ha visto dissolversi la speranza della straordinaria capacità palingenetica dell'agire collettivo in un esasperato individualismo, il quale mostra, oggi, nel peggiore dei casi, il volto oscuro e a tratti grottesco del narcisismo avido, e nel migliore dei casi, il tratto dolente e malinconico dell'isolamento contemplativo.
Purtroppo, non siete stati, né migliori dei vostri tempi, né del vostro tempo i migliori. Eppure da voi, dal novecento, dal racconto della vostra delusione, dai vostri errori qualcosa "noi" abbiamo appreso; per esempio, a non fidarci dell'illusione ideologica, a sentire che il nostro"eroico furore" può consistere in un agire individuale che si conquista, giorno per giorno, un "significato collettivo", senza essere né protestatario, né ostinatamente rivoluzionario.
Submitted by redazione on Tue, 18/04/2017 - 14:06
Caro Giandomenico, ho letto su Suddovest il tuo Che fare? Migliori del proprio tempo o del proprio tempo i migliori? e di seguito le riflessioni di Maurizio Iacono, di Giovanni Taglialavoro, di Enzo Campo e di tuo fratello Stefano.
Submitted by redazione on Tue, 18/04/2017 - 08:56
Ecco il testo integrale del discorso del card. Montenegro, arcivescovo di Agrigento, pronunciato, in piazza San Domenico durante la processione serale del Venerdì Santo
Signore Gesù,
anche quest’anno, stando davanti a te con la mia gente, ti presento il mio stato d’animo.
So che mi comprendi perché anche Tu hai provato l'amaro sapore dell' angoscia tanto da arrivare a dire: «La mia anima è triste fino alla morte» (Mc 14,34).
Submitted by redazione on Fri, 14/04/2017 - 08:25
La periferia non è solo una fetta di territorio che si addossa intorno al centro di una città circondandola. La periferia è anche un concetto. Essere periferici è una sorta di valore negativo. Significa essere subalterni e inferiori al centro.
Submitted by redazione on Tue, 11/04/2017 - 19:56
Torino, 27 dicembre 1974. Nell'introduzione a La musica per film, raccolta di saggi sull'argomento scritti da Theodor W. Adorno e Hanns Eisler, Massimo Mila, grande musicologo torinese, dice qualcosa poco accoglibile.
Submitted by redazione on Sat, 01/04/2017 - 18:52
Quando sono stato invitato a partecipare alla presentazione del il numero di Segno ora in distribuzione, avevo pensato di svolgere alcune mie considerazioni sulla Riforma protestante che ritenevo e che ritengo connesse a cose dette in occasione della presentazione del numero precedente; considerazioni che, dal mio punto di vista, valevano a sostenere le ragioni della continuazione della pubblicazione della Rivista.
Submitted by redazione on Sun, 26/03/2017 - 09:49
Sto in bilico fra attualismo e passatismo, forse; non mi sento ancora un reduce –reduce di che, poi? Non della Campagna d’Africa e neppure della Guerra di Crimea, naturalmente, ma neppure delle barricate e degli scontri ideologici e anche fisici del mio sessantotto; perché per essere reduci bisogna che l’impresa alla quale s’è partecipato sia finita e la mia non è affatto finita, ho la pretesa di pensare che continui ancora e che non s’arresti; e tuttavia, non reduce, sono consapevole di non avere un futuro lontano davanti a me, ma solo prossimo e vicino.
Submitted by redazione on Sat, 25/03/2017 - 16:26
C’è un dibattito nella chiesa palermitana in cui si discute della vita della gente, delle famiglie, dei giovani. Un dibattito non poco opportuno cui è quasi un dovere partecipare. Se il dialogo e il confronto diventano cultura nella Chiesa, anche la città si farà più ricca e solidale.
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