Agrigento tra le Alpi e le Piramidi

NELL'ATELIER DI MARILINA MARCHICA di Tano Siracusa

Le parole hanno da sempre commentato le immagini, che tuttavia da sempre si sottraggono alle parole. Da circa cento anni, da quando qualcuno espose un orinatoio e venne preso sul serio, innumerevoli parole di teorici, filosofi, critici, hanno sostenuto le fortune di artisti senza talento, di pittori che non sapevano dipingere nè tanto meno disegnare, di autori  di 'trovate', di 'provocazioni', come se nel secolo delle due guerre mondiali, dei totalitarismi, della 'morte di Dio' in  Occidente, un artista potesse ancora provocare, magari sbudellando un animale in una galleria d'arte o esponendo le sue feci (poco importa se dell'animale o sue).

 

AMICI, NON POSSO NON DIRMI INATTUALE di Stefano Vivacqua

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Carissimi amici, sento di dovere intervenire nella discussione avviata dallo scritto di Giandomenico con poche sincere considerazioni. Il tempo della nostra ventura terrena declina. Finalmente possiamo guardare al presente, e maggiormente al futuro, con il distacco e la lucidità di chi non ha più nulla da sperare o pretendere dal suo tempo, né la velleità di migliorarlo o esserne migliore. Non si tratta di riconoscersi protagonisti del proprio tempo, o testimoni di un tempo in cui lo fummo, bensì e soltanto di capire chi o cosa siamo diventati nel frattempo, e se questo scorcio di mondo in cui ci è dato consumare il nostro commiato ci coinvolga e sospinga ad un qualche dovere di presenza, ovvero ci respinga in una deliberata e, per molti versi, spensierata assenza. Per quanto mi concerne, la mia parte in questo finale di partita è quella dello spettatore, niente di più. Spettatore inorridito, depresso, allarmato, incredulo, sdegnato, insofferente, rassegnato, e per legittima difesa sempre più indifferente e sordo.

 

AL VIA IL PROGETTO "LA PACE DEI BIMBI". COLLOQUIO CON ANTONIETTA CHIODO di Emanuele Enrico Mariani

Parlare di pace in un momento storico nel quale anche il termine “guerra”, e la percezione a questo correlata, ha subito delle metamorfosi che ne decentrano il significato verso slittamenti interpretativi che confondono più che orientare e smentiscono la verità più che mostrarla, significa centrare il fatto della violenza diffusa che ancora regna in mutevoli e svariate forme, in quasi tutte le aree del pianeta. Ciò al di là di ogni lettura volta unicamente all’analisi micro e macroscopica dei fatti che accadono nel mondo e per dare vita, mediante una testimonianza attiva, a una nuova luce che possa irradiarsi con e a partire dalla narrazione e dalla vicinanza vera.

Mediante il progetto “La Pace dei Bimbi” che prenderà il via ad Aprile, la giornalista e reporter Antonietta Chiodo aggiunge questa nota fondamentale stabilendo come chiave di lettura pratica per sensibilizzare e tentare di sovvertire l’ordine della violenza diffusa, la prospettiva dei più piccoli, dei più soli, dei loro racconti e del loro dolore ma anche dei loro sogni e del loro sogno immortale. Angolo di osservazione, quest’ultimo, che “costringe” a relativizzare i criteri di valutazione della propria condizione e del proprio vissuto, del proprio benessere ma anche della propria paura di fronte a guerre che non sono mai finite.   

 

CARO GIANDOMENICO, NE' REDUCI NE' POSTERI di Giovanni Taglialavoro

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Andando in piazza dal ridotto di via Saponara, scivolando lungo la via Bac Bac, poco dopo l'Ecce Homo, imboccando via Atenea, si incontrava il circolo dei Combattenti e Reduci.

I soci erano più spesso fuori che dentro, seduti accanto al bar Pedalino a guardare lo struscio della via Maestra, in attesa di qualcuno cui narrare l'epopea della guerra da poco conclusa.

Di tanto in tanto, quando lo stesso spazio non era occupato da gabbie di cardellini in vendita, veniva ad esporre i propri coltelli un ambulante con un banco verticale disposto sulla parete a fianco della farmacia Averna. Il presente, fatto di lame lucenti conficcate su incolpevoli patate, irrompeva sul passato. E così i reduci interrompevano i loro racconti e attraversavano il tratto di via Atenea che li separava dal banco per vedere da vicino la mercanzia e ragionare sulla congruità della sua funzione e dei relativi prezzi.

Una volta partecipai, bambino, ad una celebrazione del circolo: non ricordo nulla se non l'odore di quella stanza, di indumenti bagnati e fumo, e conservo una foto preziosa, quella che vedete sotto il titolo, di quella circostanza in cui sono ritratto, in giacca cravatta, penna nella tasca esterna sotto il bavero sinistro e pantaloncini corti d'ordinanza vicino a mio padre, combattente e reduce della Russia.

I racconti della ritirata dell'Armir che mio padre ci faceva mi appassionavano. Lui era stato lì, alpino della Divisione Julia, era riuscito a salvarsi perdendo però alcune dita dei piedi per congelamento.

 

BELLEZZA ED ELEGANZA AL TEMPO DELLA 'BÊTISE' di Alfonso Maurizio Iacono

Una scena di Bouvard et Pécouchet (Fonte: <a href="http://flaubert.univ-rouen.fr/derives/bouvard_cinema.php">Centre Flaubert</a>)
Una scena di Bouvard et Pécouchet (Fonte: Centre Flaubert)

Caro Giandomenico,

Hegel diceva che nessuno può elevare il proprio punto di vista al di sopra del proprio tempo, ma anche quando non si è più giovani restiamo nel nostro tempo e talvolta qualche invettiva. anche se non ci si addice, forse merita di essere detta proprio perché il nostro stesso tempo ci spinge a farlo.

In fondo il Flaubert di quello straordinario romanzo che è "L'educazione sentimentale" è anche l'autore di "Bouvard et Pécouchet", dove la vera protagonista è la 'bêtise'. Come tradurre? Stupidità? Forse è una traduzione troppo dolce e troppo poco ironica. Meglio non tradurla. Essa era espressione del tempo di Flaubert come lo è forse ancora di più del nostro tempo.

Ma a parte ciò, ci tengo a dirlo, il tuo scritto è bello ed elegante. Bellezza ed eleganza, proprio quello che ci manca oggi nell'epoca della bêtise. Forse non è questione di attualità o di passato, ma di come ci poniamo noi quando riconosciamo (ma riusciamo ancora a farlo) la bellezza e l'eleganza dell'argomentare.

 

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