Agrigento tra le Alpi e le Piramidi

le inchieste

 

QUELL'INCONTRO IN CILE, NELLA TERRA DEI MAPUCHE di Tano Siracusa

Los Sauces, 1999 - Foto Tano Siracusa - <A HREF="http://www.suddovest.it/cms/?q=image/tid/113">FOTOGALLERY</A>
Los Sauces, 1999 - Foto Tano Siracusa - FOTOGALLERY

Opache e reticenti a dispetto della loro trasparenza referenziale, le fotografie rimangono offerte a sguardi che non sempre le riconoscono uguali  a se stesse.
Nel 1999  andavo in Cile per la prima volta.  Cercavo di cucire ciò che sapevo del suo passato recente a ciò che si mostrava in una Santiago lustra e indaffarata, a Valdivia, a Castro, nella fosca isola di Chiloè  dove piove 300 giorni l’anno.
Pinochet aveva lasciato da poco  il suo ultimo incarico istituzionale di capo dell’esercito, mentre da nove anni, a seguito del plebiscito e delle successive elezioni, aveva dovuto abbandonare la presidenza del Cile. Eppure  il potere e il prestigio del vecchio dittatore incombevano ancora sul paese e lo dividevano, intimidivano il governo di Lagos e una parte della stampa, eccitavano ricordi recenti, forse presagi.  Fotografavo andando in giro, ascoltavo.
Un uomo visto da dietro le persiane che sembrava fuggire nella strada vuota, i cani randagi, certe facce sui giornali e tutti quei militari davanti al palazzo della Moneda, una vecchia che ricordava i morti sui marciapiedi e diceva ‘malo Pinocio’, una ricca  proprietaria  che raccontava della paura quando pretendevano con Allende di rovesciare tutto, che ora si divideva, si faceva a metà, e lo raccontava  sotto un ritratto ad olio del dittatore in divisa, in una villa che mimava splendori settecenteschi ai bordi di Los Sauces, un piccolo centro a qualche ora da Temuco in una zona abitata dai Mapuche, indios che in quelle settimane avevano conquistato le prime pagine dei giornali. 
Avevano inscenato proteste, bruciato qualcosa nella selva, si era sparato. 

 

LINOSA, L'ISOLA DEI GATTI di Tano Siracusa

La buona notizia è che sull’isola tre donne sono incinte. Non succedeva da anni. All’anagrafe di Linosa risultano residenti più di 400 persone, in realtà di inverno sull’isola ne abitano meno di 300.
Pochi bambini, molti anziani, ma per loro Linosa è un paradiso dice Pietro un cinquantenne, proprietario di uno dei tre bar che ad orari incerti aprono anche d’inverno.
I giovani sono partiti, sono andati a lavorare e mettere su famiglia nelle città del nord o fuori dall’Italia. Operai, diplomati, laureati. I nonni sull’isola, i figli e i nipoti sulla terraferma, lontano.
Giovani infatti se ne vedono davvero pochi.
Uno dei trentenni rimasto sull’isola, Enzo, fa il pescatore. Ieri ha preso una cernia di 13 chili e molto altro pesce pregiato, ma le due notti precedenti non aveva pescato niente.
D’altra parte, dice il proprietario del bar, questa non è mai stata un’isola di pescatori, ma di contadini.

 

IO MOUKTAR KANTE, SIGNOR NESSUNO di Alessandro Tedesco*

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Il nostro archivio di voci differenti raccoglie, oggi, la storia di un giovane africano, disputata al silenzio dalla sensibilità di un nuovo collaboratore. Se i “compagni dell’avvenire” si chiederanno chi è stato Mouktar Kante, forse saranno severi con noi. A quei posteri che immaginiamo uomini giusti chiediamo indulgenza: fummo archivisti, non altro. G.V.

Aspetto i documenti. Due anni, ancora nulla. Ogni giorno, da due anni, aspetto. Mi sveglio tardi la mattina solo per rimandare l'attesa, sto a contemplare il nulla, perché nulla è la mia condizione. Nel mio paese ero Mouktar Kante, qui sono un nome qualsiasi, nato in un giorno qualsiasi, di un anno a caso scelto dagli operatori che mi hanno assistito allo sbarco. 

Boum Kunda, sulla riva sinistra del fiume Gambia, nella regione di Basse, un crocevia di persone, di etnie, di lingue: fula, wolof, mandinga, serer, francese, inglese, arabo, treni, autobus, camion, barche, gente in bici, a piedi che trasporta la sua mercanzia per portarla ai depositi regionali, al mercato. Sono cresciuto in un villaggio di capanne sulla sponda del fiume. Due, forse trecento persone che non conoscono né notte né giorno ma solo lo scorrere incessante della vita.

Ho 18 anni, almeno mi pare di sì.

Mi ricordo che quando sono partito ne avevo sedici, ora, qui, in Italia, dovrei essere maggiorenne. Non ho fatto la scuola, non ci sono andato, sono "analfabeta", hanno scritto così appena arrivato a Lampedusa.

 

AL VIA IL PROGETTO "LA PACE DEI BIMBI". COLLOQUIO CON ANTONIETTA CHIODO di Emanuele Enrico Mariani

Parlare di pace in un momento storico nel quale anche il termine “guerra”, e la percezione a questo correlata, ha subito delle metamorfosi che ne decentrano il significato verso slittamenti interpretativi che confondono più che orientare e smentiscono la verità più che mostrarla, significa centrare il fatto della violenza diffusa che ancora regna in mutevoli e svariate forme, in quasi tutte le aree del pianeta. Ciò al di là di ogni lettura volta unicamente all’analisi micro e macroscopica dei fatti che accadono nel mondo e per dare vita, mediante una testimonianza attiva, a una nuova luce che possa irradiarsi con e a partire dalla narrazione e dalla vicinanza vera.

Mediante il progetto “La Pace dei Bimbi” che prenderà il via ad Aprile, la giornalista e reporter Antonietta Chiodo aggiunge questa nota fondamentale stabilendo come chiave di lettura pratica per sensibilizzare e tentare di sovvertire l’ordine della violenza diffusa, la prospettiva dei più piccoli, dei più soli, dei loro racconti e del loro dolore ma anche dei loro sogni e del loro sogno immortale. Angolo di osservazione, quest’ultimo, che “costringe” a relativizzare i criteri di valutazione della propria condizione e del proprio vissuto, del proprio benessere ma anche della propria paura di fronte a guerre che non sono mai finite.   

 

I POVERI A TORINO di Tano Siracusa

Tanti anni fa  Torino  era stata una sorpresa. Immaginavo la città della Fiat, della classe operaia, degli immigrati, una città grigia e dura, ma in quella mezza giornata uscendo da Porta Nuova avevo visto attorno a me la città sabauda, le piazze, i giardini, i monumenti, i viali e i portici, i negozi eleganti, e poi il lungo Po e di fronte le colline dove si avventuravano di notte i personaggi di Pavese.

 

 

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