Agrigento tra le Alpi e le Piramidi

personaggi

 

VIRGINIA, LA CONOSCEVO BENE di Giandomenico Vivacqua

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Virginia Bellomo se n'è andata, vinta da un nemico privo di riguardo e di gentilezza. Ci eravamo frequentati per un periodo della nostra giovinezza, quando entrambi, affascinati dal teatro, cercavamo, all'interno della compagnia del Piccolo Teatro Pirandelliano, di dare una forma alle nostre inquietudini intellettuali. Di alcuni anni più grande di me, Virginia spiccava per il carattere e per l'intelligenza. L'ho incontrata non molto tempo fa, a casa di amici, insieme al marito, lo stimato dottore Lillo Calcullo, il compagno affettuosissimo di tutta la vita. Insieme abbiamo ricordato gli anni del Piccolo, le profumate rappresentazioni estive del Caos, la fede di tutti gli attori, le inoffensive polemiche che caratterizzano la vita di ogni comunità. Sono ritornato a casa rinfrancato, perché nello specchio di Virginia ho visto nitidamente la bellezza di quella nostra comune formazione umana, il valore di un'esperienza nobilmente provinciale, autenticamente artistica. Sapevo del suo male e alcuni giorni fa l'ho sognata. Come il mago Cotrone, anche Virginia si è dimessa da tutto, ma come la contessa Ilse tornerà a recitare i suoi drammi al cospetto di spiriti più elevati.

 

LA GRANDE LUCE - UN RACCONTO di Tano Siracusa

Vincent van Gogh, 'Campo di grano con volo di corvi' (Wikipedia/pubblico dominio)
Vincent van Gogh, 'Campo di grano con volo di corvi' (Wikipedia/pubblico dominio)

V. guardò oltre la finestra  socchiudendo le  pupille, con la lenta, sospettosa curiosità di un gatto.  
Provava avversione per quegli animali inaffidabili, la cui unica regola di vita sembrava la ricerca di una incomprensibile soddisfazione. 
Ma come per i gatti i suoi tempi non erano governati dall’ora condivisa degli orologi, neppure per mangiare o dormire.  
Spesso scriveva e mangiava, a volte dipingeva in piena notte. 
Si era da poco svegliato in una stanza che non riconosceva, su un letto a una piazza e mezzo dove aveva dormito a lungo. Gli sembrava di avere trascorso un’enormità di tempo a sognare e adesso si sentiva uscito da un mondo appiattito, da una sconfinata superficie dove formicolava una luce verde e da vuote pareti dai colori smaltati, blu cobalto, ocra, arancio, azzurro oltremare, e quel rosso fiammeggiante, metallico, che sarebbe  piaciuto al francese, pensò all'improvviso. 
E le voci di nuovo che soffiavano nelle sue orecchie, gli insulti, le calunnie.
Su un tavolo accanto alla finestra c’era una Bibbia, una bacinella, una caraffa di vetro piena a metà d’acqua, e la sua pipa. 
Alle pareti erano appesi dei quadri di paesaggio, alla maniera di Corot, e il ritratto di una ragazza seduta, che fingeva di  sorridere stupidamente verso il fotografo. 
V., guardò di nuovo fuori, il cielo ancora bianco sopra i tetti delle case basse, il campanile della chiesa che gli parve leggermente inclinato verso destra. Il campanile di st. Bernard. 

 

NELL'ATELIER DI MARILINA MARCHICA di Tano Siracusa

Le parole hanno da sempre commentato le immagini, che tuttavia da sempre si sottraggono alle parole. Da circa cento anni, da quando qualcuno espose un orinatoio e venne preso sul serio, innumerevoli parole di teorici, filosofi, critici, hanno sostenuto le fortune di artisti senza talento, di pittori che non sapevano dipingere nè tanto meno disegnare, di autori  di 'trovate', di 'provocazioni', come se nel secolo delle due guerre mondiali, dei totalitarismi, della 'morte di Dio' in  Occidente, un artista potesse ancora provocare, magari sbudellando un animale in una galleria d'arte o esponendo le sue feci (poco importa se dell'animale o sue).

 

IL CORPO SACRO DELL'EROE di Vito Bianco

Trent’anni dopo la conquista dello scudetto, Diego Armando Maradona, soprannominato “el Pibe de oro”, è tornato a Napoli per festeggiare il fausto anniversario. Non che da allora non ci fosse più tornato, ma il ritorno di cui stiamo parlando è un ritorno speciale, direi unico e irripetibile, circonfuso dall’aura della trasfigurazione semidivina.

 

IL SOGNO DI JULIAN di Tano Siracusa

Julian  ricorda  volentieri  come se la passava bene in Romania quando c’era il comunismo. Allora   lavorava come comparsa nell’operetta e venivano tutti pagati dallo Stato. Era bene allora, dice. C' era bello.
Poi, quando il regime di Ceausescu è stato rovesciato,   ha perso il lavoro perché con i soli incassi della biglietteria gli attori non ce la facevano. Ha seguito un corso di meccanica leggera, poi ha  lavorato con una macelleria privata, un giro di maiali con i rom  ma  nessuno e niente  era in regola, rischiavano  la prigione e avevano  dovuto chiudere.  La brusca transizione all’economia di mercato lo ha sbalestrato ai margini della società e poi fuori dal paese come tanti altri rumeni. 

 

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