Agrigento tra le Alpi e le Piramidi

le opinioni

 

AGRIGENTO DOMANI

SPUNTI PER UNA INIZIATIVA POLITICO-CULTURALE AD AGRIGENTO
 

TRUCCHI REFERENDARI

La disciplina del referendum abrogativo va rivista. L’obbligo del quorum, misurato sul numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali, di fatto rende impossibile la vittoria di chi sostiene il sì all’abrogazione. Il gioco è truccato poiché l’astensionismo attivo va a sommarsi con una quota di astensionismo ormai fisiologico per cui basta l’astensione di un 25% di elettori favorevoli alle leggi da abrogare per vanificare qualsiasi referendum.
Uno degli impegni legislativi dell’Unione, ma anche del Polo, per la prossima legislatura dovrebbe essere la revisione dei modi di calcolo del quorum.
Che sia ormai improcrastinabile lo si deduce anche da questa assurdità: per bocciare un intero impianto di revisione costituzionale sottoposto a conferma referendaria basta una maggioranza semplice senza quorum, per abrogare una leggina ordinaria o parte di un semplice articolo di legge ordinaria è necessario il quorum.
Qualcosa non va.

 

IL VOTO DI CATANIA (2)

A sinistra non alimenterei particolari preoccupazioni. La sinistra semmai ha un altro problema in Sicilia, antico e mai risolto: come reagire alla crescita dell’autonomizzazione di una parte del blocco della destra? Dovrà inseguirlo o combatterlo? E’ successo tante altre volte nella storia del nostro paese che in Sicilia, alla vigilia di svolte politiche nazionali significative, il blocco dominante locale, che pur sosteneva il vecchio equilibrio nazionale, in previsione del suo declino, si divide e una parte si ridefinisce invocando le ragioni di una autonomia conculcata. E’ successo nel secondo dopoguerra col movimento separatista, alla fine degli anni cinquanta con Milazzo, è successo all’inizio e alla fine degli anni novanta coi governi Campione ( 1992) e Capodicasa (1998). Il caso Milazzo è inadeguato rispetto allo scenario che si prospetta nel prossimo futuro. La sinistra era all’opposizione a Roma e a Palermo e Milazzo usciva dalla maggioranza regionale in contrapposizione alla maggioranza nazionale. Oggi Lombardo non esce dalla maggioranza locale né annuncia un’opposizione a Berlusconi e d’altra parte la sinistra, pur essendo all’opposizione, si candida realisticamente a governare. Forse è più interessante ricordare gli altri casi. Nell’immediato secondo dopoguerra la sinistra è al governo nazionale, non viene a patti con il separatismo, pur sollecitando e organizzando una spinta per l’autonomia (Togliatti a Messina 1946). Destruttura gli equilibri sociali della regione col movimento di occupazione delle la terre e con la riforma agraria, incassa la bella vittoria del Blocco del Popolo alle Regionali del 1947 cui tuttavia non segue il governo della Regione.
 

EVOLUZIONI PROFESSIONALI

Ieri un servizio, al TG ‘Studio Aperto’, riportava la notizia di un cane abbandonato in un bidone della spazzatura.
Il tono della giornalista era mesto ma anche indignato, la musica caricava il senso di colpa all’intera umanità. Primissimi piani del cagnolino preparavano la chiusura , davvero sbalorditiva: il cane si è salvato, diceva la giornalista (?) ma chissà se in futuro potrà riavere fiducia nell’uomo!
Gli anglosassoni definiscono il giornalista ‘cane da guardia del cittadino’ qui siamo al cittadino che fa la guardia al cane.

 

IL VOTO DI CATANIA di Giovanni Di Girgenti

Lo ha scritto Giuseppe Sottile sul Foglio: a Catania Berlusconi si illude di aver vinto, in realtà si consegna a forze locali che si impadroniranno della Casa delle Libertà. Detto in altri termini, e con una prospettiva più generale, il voto di Catania sancisce la sconfitta definitiva del berlusconismo ossia della pretesa di cambiare l’Italia in direzione liberale e liberista. Vince a Catania l’Italia delle clientele e dell’assistenzialismo, vince a Catania un ceto politico che si alimenta dell’uso spregiudicato di tutti gli spazi pubblici, che riesce a fare blocco con impiegati, professionisti, imprenditori le cui ragion d’essere e le cui fortune sono strettamente legate alla spesa pubblica e alle pubbliche occasioni, un blocco che nega alla radice ogni confronto col mercato, un ceto politico militante a tempo pieno, in stretto rapporto con gli strati popolari e marginali ai quali garantisce risposte immediate e concrete, per quanto distorsive della dignità personale e delle regole di un welfare strutturale e oggettivo. Se Forza Italia ha avuto per qualche momento della sua storia concentrata una qualche velleità modernizzante e antistatalista, col voto di Catania dovrà riporla anche dal suo lessico se pensa di utilizzare quel voto come presupposto di una risalita elettorale. Se Catania sarà il modello, la natura stessa di Forza Italia e di Berlusconi dovrà cambiare: non più diffusore di un’idea costituente del nostro paese, di un’idea di ridefinizione cioè del rapporto tra stato e società civile, ma semplicemente federatore di interessi locali, al Nord la Lega e in Sicilia il neoautonomismo dei Lombardo e dei Cuffaro e chissà cos’altro nelle altre regioni!
 

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