Agrigento tra le Alpi e le Piramidi

le opinioni

 

LA PIAGA DEL NON SILENZIO di Pepi Burgio

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Racconta Tullio Kezich che quando nell’ottobre del 1990 Federico Fellini si recò in Giappone per ricevere il prestigioso Praemium Imperiale, rimase incantato da diverse cose: il palazzo dell’Imperatore, la cena con Akira Kurosawa, la grazia dell’Imperatrice Michiko e soprattutto dalla cortesia, la discrezione e l’abitudine al silenzio dei giapponesi

            Fellini era stato premiato a Tokyo per l’ultima sua opera, La voce della luna, in parte ispirata a Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni. Nel film, uno stralunato Roberto Benigni nei panni di un matto, pronuncia la frase verso cui procede non solo l’opera, ma anche alcuni aspetti della poetica del regista, specie negli ultimi anni: se tutti facessimo un po’ di silenzio, forse qualcosa potremmo capire.

Del silenzio, ampiamente hanno scritto nel corso dei secoli teologi, filosofi e non solo loro. Oggi, a distanza di poco tempo, con ben altra attualità ed urgenza, sul tema sono stati pubblicati due interessanti contributi: La virtù del silenzio del sociologo francese Michel Maffesoli e La forza del silenzio. Contro la dittatura del rumore del cardinale Robert Sarah. Dei due saggi è stato dato ampio risalto da due quotidiani nazionali.

            Nel primo Maffesoli individua nel razionalismo moderno, secondo cui tutto deve essere detto, uno dei tratti della attuale visione del mondo. Si tratta della descrizione non tanto della tracotanza di una curvatura pur sempre soggettiva, quanto piuttosto della messa a fuoco di una delle piaghe del nostro tempo: l’ideologia della trasparenza, la ricerca della verità.

 

GRANDE CONFUSIONE NEL CIELO DEI SOCIAL, LA SITUAZIONE E' DEPRIMENTE di Pepi Burgio

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Sembra che uno dei pochi vantaggi dell’età adulta, specie quand’essa è appesantita dalla ossessione della ineluttabilità del tramonto, sia questo: riuscire a discriminare con immediatezza il superfluo dal sostanziale, riconoscendo il vacuo, il superficiale, l’insignificante, optando decisamente per una riflessione onesta e generosa circa i reali interrogativi del nostro tempo.

Accade invece che alcuni, pur in possesso di indubbie risorse intellettuali, coltivino la frequentazione dei cosiddetti social network; e pur sperimentando spesso il carattere becero, plebeo talvolta assunto dalla rete, insistano, masochisticamente, secondo modalità e procedure che del dialogo democratico sono grotteschi simulacri.

Da tempo sono convinto di ciò, ed anche riconoscendomi talvolta distratto e poco sensibile alle ragioni del dibattito pubblico, lo stesso non mi riesce di navigare in questo brodo.

 

LA PIOGGIA, LA NEBBIA E LE NOSTRE SCELTE di Tano Siracusa

La nebbia è un fenomeno atmosferico insolito da queste  parti oltreché una facile, abusata metafora. Il suo malinconico velare allude al non visto, a volte maliziosamente anche a chi non vuol far vedere. Anche la pioggia è ormai diventata ad Agrigento un fenomeno atmosferico raro, ma la sua funzionalità metaforica è meno evidente ed è un segno dei tempi se può essere associata ad una specie di allegra frenesia, a una tarantella di Cannavacciuolo. Come un adagio di Vivaldi alla nebbia.

 

 

CHIARORE O OMBRE. DIALETTICA TRA OCCIDENTE E ORIENTE di Pepi Burgio

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Scritto nel 1935, Libro dombra di Jun’ichirō Tanizaki, è un libro assai particolare. La forma è del saggio, ma contiene anche alcune gemme espressive, nonché spunti che invitano alla riflessione filosofica; ed una grazia tutta particolare che fa da lievito al fervore civile dell’autore. Il quale propone un’interessante ipotesi di carattere, diciamo così, antropologico: i Giapponesi in genere rifuggono da ciò che è luccicante in eccesso, preferendogli il soffuso, l’opaco, l’ombroso. Ed anche quanto è esperito, vissuto: La casa antica che ci trasmette un senso di pace profonda, e inesplicabilmente ci calma.

La gastronomia, l’arredamento, la scenografia teatrale e la ricerca della bellezza, rintracciabile anche negli aspetti minimali della vita ordinaria, tutte hanno a che fare con il chiaroscuro, con i sortilegi che traggono il loro potere solo dai giochi dombra.

 

RAI. RIMPIANGEREMO LA LOTTIZZAZIONE? di Giovanni di Girgenti

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In principio c'era la Dc (e il Vaticano). La Rai era uno strumento dichiarato di orientamento culturale e politico del popolo italiano. E tale rimase con l'ingresso dei socialisti al governo dalla metà degli anni sessanta in avanti. Non fu un blocco monolitico, ma le presenze delle culture 'altre' erano marginali e prescindibili.

Poi arrivò il secondo canale; e poi la riforma.

Le classi dirigenti di allora decisero, non so se per necessità o per lungimiranza, di articolare l'offerta televisiva in relazione alle principali culture politiche del paese, ognuna delle quali ebbe rete e Tg con cui raccontare il proprio sguardo sul paese e le sue prospettive. Venne il tempo della Rai pluralista o, se volete, della lottizzazione.

Produsse malcostume, certo, ma anche diversità; e varie forme di opposizione trovarono non solo spazi di espressione, ma anche occasione e strumenti di rovesciamento della narrazione dominante e ufficiale.

Sono gli anni del pentapartito blindato politicamente, ma perforato culturalmente e infilzato televisivamente: Grillo a Canzonissima, Minà con Blitz, Santoro con Samarcanda...

Oggi la Rai vive una condizione di sospensione, di attesa, con annunci di cambiamenti radicali.

Il nuovo ceto politico che sta guidando l' Italia vorrà cambiare la Rai, farla a sua immagine e somiglianza, strumento del suo progetto di guida e cambiamento del paese.

Ha già espresso il nuovo consiglio di amministrazione e i nuovi vertici, presidenza e direzione generale. Nel giro di poche settimane la nuova governanza ridefinirà i vertici delle Reti e dei Tg. Per farne cosa? Vedremo.

Resterà l'articolazione della guida delle reti secondo il criterio consolidato della spartizione tra maggioranza e opposizione?

 

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