Agrigento tra le Alpi e le Piramidi

LA NAPOLI VISTA DA MICHELE SANTORO IN ROBINU' di Tano Siracusa

Napoli

Chi non avesse visto Robinù, il film di Santoro andato in onda in prima serata Rai la scorsa settimana, può ancora vederlo su Rai Play. Vale la pena, cioè la fatica di guardare dove non si può e non si vuole guardare, di vedere il non visto, quello che 'spezza il cuore e riempie di rabbia l'intelligenza'  ha commentato qualcuno.
Non tanto per il contesto, quello delle paranze, le bande di adolescenti che a Napoli si affrontano a colpi di pistola o di kalasnikov (60 vittime, quasi tutti ragazzi, in un anno) e che Roberto Saviano ha ampiamente descritto, quanto per le parole, gli sguardi e  i sorrisi di Mariano e Michele, entrambi in carcere, condannati a 16 e 17 anni per omicidio, e dei loro compagni. Per la irriducibile fisicità e concretezza di ciò che viene mostrato e per l’inerzia che il corpo oppone a qualunque tentativo di riduzionismo di comodo, sociologico o economicistico. 
Sguardi e sorrisi sconosciuti, indecifrabili, mai visti, parole mai ascoltate in un napoletano incomprensibile che non è più a lingua di Edoardo nè quella di Pino Daniele o di Beppe Barra, ma è la lingua di Gomorra. E poi i genitori, sia dei carnefici  che delle vittime adolescenti, il loro strazio di silenzi e pianto trattenuto, i ragazzini di Forcella che discutono se e come armarsi, la canzone di malavita e la festa sotto il balcone di uno agli arresti domiciliari, i giochi di artificio davanti a Poggioreale per festeggiare il compleanno di Michele e tutti i carcerati: niente a che fare con le fiction, anche quelle più realistiche e convincenti, ispirate al magnifico film di Garrone.

 

IO, MADAME MUSIQUE E LE JEUNE GARÇON: COSI' ENTRAI IN BANDA di Enza Di Vita

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Parliamoci chiaro: alle scuole medie proferii un bel “no” perentorio a Madame Musique. Le dissi esplicitamente che non mi avrebbe più rivisto e che quello, il concerto di fine anno scolastico, sarebbe stato il primo e l'ultimo della mia vita.

Lo dissi con voce forte e chiara subito dopo essere usciti di scena dinnanzi a numerosi testimoni, i miei compagni di sventura, tutti suonatori di flauto dolce.

Oh, se potesse parlare quel piccolo palco! Vi direbbe che si era appena consumata un'esibizione dal retrogusto tragicomico diretta magistralmente dal Monsieur più infedele di Madame Musique che ci svergognò (o meglio, si svergognò) palesemente davanti a tutti coprendo le nostre fatiche musicali con la sua famigerata “musicassetta del Can-Can” sparata a tutto volume lì davanti le nostre orecchie!

Un tradimento che forse la maggior parte degli altri cornuti non ricorda ma che la sottoscritta tiene a mente come fosse successo ieri.

Dicevo che Madame Musique non mi avrebbe più rivista; il suo adepto mi aveva s-concertata e il fatto che la Femme si facesse tradire così facilmente me la diceva lunga anche su di lei. Era questo quello che pensavo.

Passarono solo pochi mesi e un giovane bandista di un piccolo paese catturò il mio cuore di adolescente.

Ci troviamo ad Acquaviva Platani, piccolo borgo del nisseno, paese natio di mio padre dove la mia famiglia trascorreva le vacanze estive.

Acquaviva è lo stesso paese in cui Salvatore Quasimodo trascorse parte della sua fanciullezza, tant'è che ben lo ricorda nella sua lirica “Cosa vuoi pastore d'aria?” inserita nella raccolta “Nuove Poesie”.

 

QUANDO PARLAI CON BORGES, PERFEZIONE INTOLLERABILE di Stefano Vivacqua

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Avevo sempre desiderato andare a Buenos Aires, proprio come un adepto in pellegrinaggio ai luoghi sacri della sua fede. Sognavo di percorrere le vie del barrio di Palermo dove Jorge Luis è nato nel 1899, e dove è diventato Borges. Era lì, nella sua Palermo, che me lo figuravo sempre: nella casa paterna di calle Tucumàn, mentre sfoglia un volume della Enciclopedia Britannica, o in quella della sua amata, e defunta, Elena Beatriz Viterbo, nel cui sottoscala vide l’Aleph o immerso in facezie filosofiche con Macedonio Fernandez, il suo mentore bohemien e anarchico, o nelle divertite combutte con Adolfito Bioy Casares, il suo complice letterario, o durante l’abituale visita alla libreria anglo-tedesca, con in mano un arcano di Swedenborg o un inedito di De Quincey, o a passeggio per la calle Florida con la madre, l’imperiosa, onnipresente e ultranovantenne Leonor Acevedo, o nel rincasare al tramonto, all’angolo di una strada, testimone di una rissa di compadritos.

 

DOVE SONO I GIOVANI? SPERO LONTANISSIMO DA AGRIGENTO di Leonardo La Rocca

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Caro Giovanni, quanto tempo! Ho letto il tuo post sul "colpo d'ala" ad Agrigento e lo stimolo verso i giovani. Ho appena compiuto 40 anni e quindi ormai non sono più giovane ma ho deciso di cogliere lo spunto, in coda capirai perché.

Sono un quadro di Regione Lombardia ormai da 4 anni e ci lavoro ormai da 12. Negli ultimi 5 anni mi occupo, tra l'altro, di europrogettazione: chiunque abbia una necessità (agricoltura, cultura, sport, politiche giovanili, protezione civile, PMI) mi contatta e produciamo insieme un progetto europeo. Lo presentiamo nel programma adeguato - gestione diretta, interreg, FSE, FESR - e proviamo a vincere.

Negli ultimi 4 anni ho portato in regione circa 80 Milioni di euro di progetti. Non è per fare il brillante ma, al netto delle cannette fumate tra i 16 ed i 20 anni, sono cresciuto ed ho anche un po' imparato a far bene il mio mestiere di pubblico impiegato.

La linea è sempre la stessa che conosci e che mi hanno insegnato: lavorare tanto, lavorare bene, dare sempre la disponibilità e mettercela tutta anche se costa fatica e tempo. Ha pagato (maledetto ciccione, aveva ragione!!!).

Dopo 12 anni, iniziato come precario, ho anche fatto il referente nazionale per diversi programmi europei. Non sto a raccontarti il mio cv, non è questo lo scopo. E' per darti la misura.

 

CENTRO STORICO DI AGRIGENTO, RINASCITA E RUDERI di Tano Siracusa

Qualche anno fa Rudere, un gruppo di architetti e artisti, ha realizzato due interventi di rivisitazione su due edifici nel nostro centro storico. Una abitazione privata e un cinema, entrambi chiusi e abbandonati da anni.

 

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