Agrigento tra le Alpi e le Piramidi

le opinioni

 

TASSA DI SOGGIORNO? INVESTIRE IN COMUNICAZIONE di Vincenzo Campo

Capture.jpg

A poco meno di due mesi dall’introduzione ad Agrigento della tassa di soggiorno, si apre il dibattito sull’utilizzo dei relativi proventi e si fanno più forti i dubbi che già s’avanzavano ancora prima dell’introduzione stessa sul possibile sviamento dal fine dichiarato, che è l’utilizzo a fini turistici.

La mia idea di base sulla questione dell’utilizzo di tali nuove entrate, muove dal presupposto per il quale Agrigento non è una città a vocazione turistica, come recita un fastidioso refrain che tutti ripetiamo senza coglierne il senso, ma, in realtà è già una città turistica; turistica punto e basta, e forse con una scarsa vocazione turistica, se la vocazione è quella sorta di forte chiamata che viene da Sfere alte e importanti.

Una città a vocazione turistica è una città che turistica non è –o che non lo è ancora-, cioè che non è visitata, ma che sente il desiderio forte di diventarlo; una città che sa di avere un patrimonio artistico o culturale o storico o di divertimento o di tutte queste cose insieme, che sa di possedere attrattive che possono interessare persone che vivono altrove, ma che, invece, non è visitata.

Dal mio punto di vista, Burgio o Naro o anche Palma di Montechiaro, per fare solo degli esempi, sono città che possono diventare turistiche, ma che non lo sono o lo sono solo in minima parte; città che possono acquisire una vocazione turistica se “colpite” una chiamata analoga a quella che fece diventare Paolo di Tarso da persecutore di cristiani ad apostolo e Santo o anche Martin Lutero, da aspirante leguleio a Monaco agostiniano prima e fondatore di una chiesa dopo,.

 

L'ANIMA (?) RAZZISTA AVANZA IN ITALIA di Alfonso M. Iacono

scacc.jpg

Il razzismo avanza e si diffonde. Sta diventando senso comune. Attraversa partiti come il PD e persino la Chiesa con i suoi vescovi sta cambiando tono. Non c’è bisogno di dichiararsi razzisti per diventare ragionevolmente conniventi con la destra aggressiva. Si può essere moderatamente antirazzisti e poi rifugiarsi nel realismo politico e nella legalità che spesso sta dalla parte dei più forti. Nei 5Stelle l’anima razzista avanza, naturalmente in nome della legalità e alla ricerca del consenso. A Roma picchiano e sgomberano etiopi e eritrei e lo stesso capo della polizia si chiede che fine hanno fatto i soldi per l’accoglienza. Tutti si accapigliano sulla frase del poliziotto che invitava a spezzare le braccia a chi si ribellava, una frase orrenda. Chi l’ha detta va perseguito. Ma sarebbe cambiato qualcosa se le manganellate fossero state date in silenzio? La sindaca Raggi sta eloquentemente zitta, Di Maio con le sue dichiarazioni scopre la sua visione del mondo sostanzialmente xenofoba e razzista (per fortuna c’è Fico che non la pensa come lui) e si avvicina pericolosamente ma non sorprendentemente a Salvini, mentre dall’altro lato, quello governativo, è un fiorire di discorsi ragionevoli, azioni ragionevoli, decisioni ragionevoli su come fermare il flusso dei migranti. Il realismo moderato e democratico che cerca di fronteggiare il flusso dei migranti con altri mezzi, diciamo così più dolci e che viene giustificato proprio come un tentativo di fermare la destra aggressiva, spesso, con questo metodo, ottiene l’effetto contrario. E’ proprio così invece che il razzismo si diffonde e si afferma, quando alle grida e alle azioni fasciste si associa la ragionevolezza di chi, avendo paura della diffusione di consenso che ottiene la destra, cerca di farle concorrenza accontentandola in modo meno rozzo e più corretto.

 

"CARO TANO, TI INVIO ALCUNI FRAMMENTI DI UN DISCORSO SUL BENE" di Pepi Burgio

cristiani-1_jpg.jpg

Carissimo Tano, oggi, poco prima di pranzo, ho letto il tuo bell’articolo sui migranti, fedele, realistica descrizione di una realtà per nulla incandescente, a meno che tale aggettivo, copiosamente adoperato in questi giorni da alcuni prestigiosi commentatori della querelle, senza che io lo sappia sia divenuto, intanto, sinonimo di mortificante. Dopo una breve siesta pomeridiana, un’immediata, spontanea associazione di idee mi ha portato a compulsare freneticamente i miei quadernetti di appunti, perché sapevo che vi avrei trovato qualcosa da porre in relazione al silenzio (imbarazzato?) dei tanti che su questa triste vicenda dei “minori non accompagnati” di Porto Empedocle avrebbero potuto spendere anche una sola “parola buona”.  

Vorrei, dunque, che tu mi aiutassi a ricordare, così, per mera curiosità, da quale fonte sono attinte le citazioni che riporto, poiché le ho ritrovate come meri frammenti che mi piacerebbe ricomporre nel discorso originale che essi lasciano intravedere. Eccole.

 

PORTO EMPEDOCLE E I MIGRANTI di Tano Siracusa

Negli ultimi cento metri prima dell’imbocco della galleria i bordi della carreggiata sono una discarica di sacchetti della spazzatura, indesiderata conseguenza dell’avvio della raccolta differenziata avviata dal Comune. Poi, uscendo dalla galleria si può osservare sulla destra il  gigantesco cavalcavia  che interrompe il suo slancio a cinquanta metri dalla collina, bucata da un misterioso tunnel.  Involontario, visionario monumento alllo spreco. A poche decina di metri, accanto ad un canneto, l’enorme fabbricato della Montedison, ultimo rudere dell’insediamento industriale di mezzo secolo fa.

Porto Empedocle (Foto Tano Siracusa)
Porto Empedocle (Foto Tano Siracusa)

 

TUTTE LE LIBERTA' POSSIBILI, TUTTE LE SOLIDARIETA' NECESSARIE di Giovanni Taglialavoro

images.jpg

DALLA CRISI DELLA SICILIA SI ESCE COL CIVISMO POLITICO

L'appello di Leoluca Orlando per salvare la Sicilia attraverso il civismo politico è l'unica via possibile di rilancio della regione. Il ceto politico e i partiti sono screditati e subiti.

Le ragioni del consenso di cui godeva nel passato, fondato essenzialmente sull’allargamento della mediazione assistenziale e sul mantenimento dello status quo, sono oggi la causa principale della loro impresentabilità e dell'impotenza delle istituzioni.

Negli anni, e il discorso vale per gran parte del meridione, si è costruito e mantenuto un sistema dissipatorio di gestione della cosa pubblica che riusciva a nascondere la propria inadeguatezza rispetto alle esigenze dei sistemi complessi, con progressive dissipazioni aggiuntive creando sovrastrutture gestionali ipercostose e inefficienti e semplicemente rinviando l'appuntamento col default.

Oggi l’intero sistema di mediazione si mostra per quello che è sempre stato: un sistema di rapina di risorse pubbliche e di dominio immotivato sulle persone.

Un sistema nel quale la selezione dei gruppi dirigenti avviene sulla base della spregiudicatezza e dell’asservimento.

Sull’acqua, sui rifiuti, sulla burocrazia regionale, sulla distruzione dell’ambiente, sul lavoro che manca, sulla legalità, sui beni culturali e le risorse energetiche i nodi sono venuti al pettine.

Bisogna trovare un'alternativa a tale modello di mediazione dissipativa.

 

Da dove ricominciare? Di questo si tratta: definire un nuovo cominciamento.

Un nuovo riferimento ideale su cui selezionare i gruppi dirigenti.

Proviamo a dire cosa dovrebbe distinguere tale alternativa.

 

RSS Feed

Image CAPTCHA
Enter the characters shown in the image.