Danza Sufi, come altri miei video recenti, non e' solo un esercizio di montaggio, ma vuole anche proporre delle segnalazioni musicali mediterranee. Con Pepi Burgio (il 'professore': per antonomasia) ne abbiamo parlato per anni. Lui e' molto piu' colto di me, e non solo musicalmente. Eppure su questo punto mi ostino a dargli torto, e i video su Paco Ibañez, Dhafer Youssef, questa Danza Sufi, li realizzo anche pensando alle nostre discussioni sulla dimensione a suo parere 'universale' della musica rock. Io non credo all'universalita' del rock e credo che la sua diffusione planetaria sia stata soprattutto espressione dell'egemonia culturale - e non solo ovviamente culturale - degli Stati Uniti. Da mezzo secolo in Occidente, ma non solo in Occidente, la musica anglostatunitense ha occupato il centro della scena musicale, trascinandosi o venendo trascinata dalle sonorita' africane che echeggiano nel jazz e nel blues e fissando nei contesti nazionali di origine le esperienze musicalmente eccentriche, che non riuscivano ad avere una proiezione internazionale. De Andre' e' rimasto praticamente sconosciuto al grande pubblico internazionale e in Italia, d'altra parte, non abbiamo saputo nulla di un fenomeno che fin dai primi anni '60 ha avuto un grande successo prima in Spagna e poi in molti paesi latinoamericani, la divulgazione musicale dei grandi poeti. In fondo la scissione fra testo e musica ha inizio nel basso medioevo, proprio in Sicilia alla corte di Federico II. Ma i 'provenzali' erano ancora in quegli anni dei poeti-cantanti, come lo sono ancora oggi i cantastorie nelle piazze delle citta' marocchine e lo erano mezzo secolo fa ancora in quelle siciliane. Paco Ibañez e' solo uno, forse il piu' conosciuto internazionalmente, di una nutrita schiera di poeti-musicisti-cantanti, che hanno messo in musica poesie di Francisco de Quevedo, Antonio Machado, Garcia Lorca, Rafael Alberti, ma anche di Cesare Pavese (in basco).